«E' arrivata una valanga d’acqua all’improvviso. Non abbiamo avuto il tempo di fare nulla». Mentre i sopravvissuti raccontavano lo scenario apocalittico vissuto tra le Gole del Raganello, tra i monti del Pollino, nel territorio del comune di Civita, la conta dei morti era ancora in corso. Il bilancio finale della tragedia del 20 agosto dello scorso anno fu di dieci vite trascinate via dalla furia delle acque del fiume Raganello, ingrossate dalla pioggia in una calda giornata di agosto.
Quarantaquattro furono gli escursionisti sorpresi dal maltempo, mentre, sul versante calabrese del parco del Pollino, visitavano le gole a cui il fiume assassino dà il nome. Un canyon fra i più belli al mondo, circondato da una natura incontaminata, trasformatosi in un inferno. Nel primo anniversario della tragedia si rafforza la consapevolezza che tutto poteva essere evitato. Il numero dei visitatori nella zona, specie durante i fine settimana e i giorni di festa, era sempre altissimo. Il giorno di Ferragosto, tra le gole c'erano centinaia di vacanzieri, alcuni accompagnati dalle guide, altri in autonomia. Un muro d’acqua e detriti di almeno 2,5 metri di altezza scaraventò le persone a centinaia di metri di distanza. Alcuni corpi furono recuperati ad almeno tre chilometri dal punto d’impatto della piena. Eppure c'era un bollettino di allerta meteo diffuso dalla Protezione Civile sin dal giorno prima. Su questo aspetto si concentra l’indagine della Procura di Castrovillari.
Pochi giorni fa è stato notificato l’avviso di conclusione indagini, i pm hanno reso noto che gli indagati a vario titolo nella vicenda sono aumentati dai sette iniziali a quattordici. Si tratta di amministratori locali, operatori turistici e guide per i quali ora la Procura si prepara a chiedere il rinvio a giudizio. Tre i sindaci coinvolti, quelli di Civita, San Lorenzo Bellizzi e Cerchiara di Calabria, in cui il territorio delle gole del Raganello ricade, mentre sono state archiviate le posizioni del presidente del Parco Nazionale del Pollino e del dirigente dell’ufficio Biodiversità dei Carabinieri Forestali, raggiunti in precedenza da avvisi di garanzia. Le accuse a vario titolo vanno dall’omicidio colposo a lesioni colpose, dal reato di omissione in atti d’ufficio e all’esercizio abusivo della professione.
Secondo la ricostruzione emersa dalle indagini, oltre alla sottovalutazione del meteo, un ruolo fondamentale lo avrebbero avuto anche l’assenza di regolamenti per l’accesso alle gole, la mancanza di aggiornamenti dei piani di emergenza e infine l’imprudenza. Un pericoloso mix di errori costato la vita a dieci persone, provenienti da cinque regioni diverse.
Le vittime furono Antonio De Rasis, 32 anni, di Cerchiara (Cs), guida esperta e volontario della Protezione Civile; Maria Immacolata Marrazzo, 43 anni, avvocato di Torre del Greco (Na); Carlo Maurici, 35 anni, e Valentina Venditti, 34, romani; Myriam Mezzolla, 27 anni, e Claudia Giampietro, 31, pugliesi, sorprese dal fiume mentre facevano rafting. Pugliese era anche Gianfranco Fumarola, 44 anni, agente di polizia penitenziaria. Di Qualiano, nel Napoletano, erano i coniugi Carmen Tammaro, 41 anni, e Antonio Santopaolo, 44. Le loro figlie di 10 e 12 anni sono fra i sopravvissuti. L’altra vittima fu Paola Romagnoli, ricercatrice bergamasca di 55 anni.
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