Franco Muto, ritenuto il boss della cosca 'ndrangheta di Cetraro e soprannominato «il re del pesce», ha lasciato il carcere, dove era ristretto in regime di 41 bis, e sconterà la condanna a oltre 7 anni agli arresti domiciliari. Lo scrive la Gazzetta del Sud che fa riferimento ad una decisione del Tribunale della libertà che ha accolto la richiesta dei legali di Muto, Luigi Gullo e Nicola Guerrera. La richiesta dei domiciliari per Franco Muto, che ha 79 anni e problemi di deambulazione che lo hanno portato a subire diversi interventi, era stata avanzata a seguito della sentenza del processo «Frontiera» emessa a luglio scorso dai giudici del Tribunale di Paola. In quella circostanza Muto era stato assolto per il reato di associazione mafiosa e condannato a oltre 7 anni per intestazione fittizia di beni. Per la sentenza del Tribunale di Paola, «il re del pesce» non sarebbe più il capo della coscadi Cetraro ma lo scettro sarebbe passato al figlio Luigi, già condannato in abbreviato nello stesso procedimento e anche lui rinchiuso in regime di 41 bis. In precedenza la richiesta di revoca del carcere duro per Muto era stata rigettata sia dal Tribunale di Paola, sia dal Riesame e anche dalla Cassazione sulla base di consulenze medico legali secondo le quali le sue condizioni di salute erano compatibili con il regime carcerario. "Il Tribunale del riesame ha concesso i domiciliari a Franco Muto, famoso come 're del pesce' della costa tirrenica cosentina. Dopo tanti tentativi, puntualmente bocciati dai giudici precedentemente chiamati a decidere, ora Muto è stato giudicato non più in grado di sostenere il peso del carcere e del 41 bis, per cui tornerà in quel di Cetraro, suo luogo d'origine". Lo afferma in una nota il presidente della Commissione Antimafia Nicola Morra. "Mi domando se chi ha giudicato abbia valutato con la massima prudenza possibile la richiesta avanzata dai legali di Muto, non fosse altro che questa decisione, per quanto possa esser stata legittima e ponderata, verrebbe a smentire tutte le precedenti, di segno opposto", aggiunge Morra. "In casi come quello di Muto, esponente di punta della 'ndrangheta calabrese, la prudenza non deve essere mai troppa, pertanto - conclude - mi auguro che le autorità competenti facciano un'ulteriore valutazione della bontà della scelta del Tribunale del riesame".