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Cosenza, tredicenne denuncia il padre alla polizia: «Picchia la mamma»

Tredici anni. Un'età in cui ci si affaccia all'adolescenza e la vita sembra una affascinante avventura che merita d'essere affrontata con gioia e ottimismo. Non sempre e non per tutti, però, è così. Una ragazzina tredicenne di Cosenza s'è presentata in Questura chiedendo di parlare con un poliziotto.

Era angosciata e triste: occhi bassi, atteggiamento dimesso e un filo di voce. Gli agenti del questore Giovanna Petrocca l'hanno rinfrancata e portata negli uffici della squadra mobile. Fabio Catalano, che dirige il gruppo d'investigatori, era lì con i suoi uomini, come ogni giorno, a fare i conti con le quotidiane emergenze e le tante “rogne” che investono puntualmente la polizia giudiziaria.

Quando la minore è entrata nei corridoi attraverso cui si accede alle sezioni - si legge sulla Gazzetta del Sud in edicola - tutti i detective si sono messi in movimento: stava accadendo qualcosa di straordinario e quella ragazzina aveva certamente bisogno di aiuto. Non si sbagliavano. Sentitasi al sicuro la giovane testimone ha parlato e pure a lungo.

Ha parlato non di un problema semplice ma di fatti e circostanze che mettevano in discussione la compattezza della sua famiglia. La ragazzina ha trovato il coraggio di avvicinarsi alle forze dell'ordine per raccontare di un dolore lancinante, non fisico ma psicologico, che le stava devastando l'esistenza, che la rendeva angosciata e infelice da tempo. Suo padre maltrattava la madre e non solo insultandola e deridendola.

Suo padre picchiava la madre con sistematicità, perdendo sempre più spesso il controllo, raggiungendo un tasso di alterazione emotiva che lo trasformava in un violento seriale. E lei era stanca di assistere a questa tragedia relazionale, di nascondersi nella sua stanza da letto tenendo i palmi delle mani pigiati sulle orecchie per non sentire le urla della madre. Basta. Così ha pensato di raccontare tutto alle poliziotte ed ai poliziotti della Mobile. Loro avrebbero capito. Loro si sarebbero mostrati pronti a salvare la madre, a tirarla fuori dal vortice oscuro in cui il padre la faceva precipitare ogni giorno.

Il risultato della deposizione resa agli investigatori è adesso condensato in atti giudiziari. Atti che dimostrano quanto la nostra società stia cambiando e come i ragazzi possano contribuire a trasformarla.

Un tempo le violenze esercitate tra le mura domestiche venivano tenute nascoste non per omertà ma per un deviato senso del pudore. Le donne subivano insieme ai figli ma non denunciavano. Oggi è grazie al coraggio dei figli che i “padri padroni” ed i mariti tracotanti e maneschi finiscono con l'essere neutralizzati.

Dopo la denuncia della tredicenne, la madre ha infatti trovato la forza di svelare l'inferno in cui era costretta a sopravvivere. Convocata dagli inquirenti, ha rotto il silenzio confermando, in lacrime, le mortificazioni e i pestaggi subiti.

«Tacere, sopportare, non reagire agli abusi dei prepotenti» scriveva la poetessa americana Emily Dickinson «equivale a rinunciare alla vita. E nessuno può rinunciare ad esistere».

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