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'Ndrangheta, confermate in appello le condanne alla cosca Muto di Cetraro

La cosca Muto di Cetraro mantiene il controllo del Tirreno cosentino. Raffica di condanne anche in Appello. È arrivata, nel tardo pomeriggio di ieri, la scure dei giudici della Corte di Appello di Catanzaro per gli imputati del processo “Frontiera” che avevano scelto il rito abbreviato. Confermata, quasi totalmente, la sentenza di primo grado per presunti boss e gregari del potente clan del Cosentino. Tranne due sconti di pena di un anno. Condanna confermata anche per Luigi Muto, il figlio di Franco Muto (alias “Re del pesce”) che in primo grado si era beccato una condanna a 15 anni e 4 mesi di carcere. Adesso confermata pure in secondo grado.

In abbreviato erano stati condannati anche le figlie di Franco Muto Mara e Sandra, la moglie, Angelina Corsanto, e il genero Andrea Orsino. Tutte confermate in Appello, con un solo sconto di pena di un anno per Mara Muto. Il “Re del pesce”, a differenza della sua famiglia, aveva scelto il rito ordinario ed è stato condannato a 7 anni solo per intestazione fittizia dei beni e assolto per associazione mafiosa. Quindi, secondo la nuova geografia criminale ribadita pure dalla sentenza di ieri - a reggere le redini della cosca sarebbe Luigi Muto.

La prima sezione penale della Corte di Appello (presieduta dal giudice Adriana Pezzo, a latere i consiglieri Ippolita Luzzo e Teresa Reggio) conferma la sentenza per Valentino Palermo (7 anni); Vittorio Reale (7 anni e 8 mesi); Luigi Sarmiento (2 anni e 8 mesi); Salvatore Sinicropi (14 anni e 8 mesi); Carmelo Valente (pena determinata a 14 anni mentre in primo grado era 14 anni e 8 mesi); Pietro Calabria (5 anni e 10 mesi); Fedele Cipolla (4 anni); Franco Cipolla (14 anni e 8 mesi); Angelina Corsanto (9 anni); Guido Maccari (17 anni); Giuseppe Montemurro, collaboratore di giustizia (3 anni e 4 mesi); Luigi Muto (15 anni e 4 mesi); Mara Muto (7 anni di carcere perché ha avuto uno sconto di pena di 1 anno e 4 mesi); la sorella Sandra Muto (1 anno e 4 mesi); Carmine Occhiuzzi (4 anni); Andrea Orsino (8 anni e 4 mesi); Alfredo Palermo (10 anni); Alessandro De Pasquale (12 anni); Antonio Pietramonica (7 anni perché anche per lui c’è stato sconto di pena di 1 anno e 4 mesi); Gianfranco Di Santo (7 anni e 6 mesi); Giuseppe Esposito (5 anni e 8 mesi); Giuseppe Fiore (9 anni e 4 mesi); Antonietta Galliano (condannata a 1 anno e 4 mesi). Mentre su concordato delle parti sono state riqualificate le pene per Giulio Caccamo (1 anno e 6 mesi) e per Emanuel La Scaleia (2 anni di reclusione).

Quindi, al netto di lievissimi sconti di pena, la Corte di Appello ha sostanzialmente riconfermato la sentenza di primo grado. Ma già per i giudici di primo grado tale rapporto non esisteva. Pienamente riconosciuto l’impianto accusatorio della Dda di Catanzaro. Anche se ora a gestirlo non era più il “Re del pesce” perché l’ottantenne Franco Muto ha lasciato le redini al figlio Luigi. Ma gli avvocati ricorreranno in Cassazione. Nel collegio difensivo ci sono, tra gli altri, Rossana Cribari, Giuseppe Bruno, Cesare Badolato, Fiorella Bozzarello, Giorgia Greco, Pasquale Marzocchi, Salvatore Staiano, Leone Fonte, Filippo Cinnante, Vito Caldiero, Marco Bianco, Gianluca Acciardi, Alessandro Gaeta, Sergio Rotundo, Paolo Pisani.

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