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Riaprire l'ex ospedale di Cariati. L'appello arriva anche dagli emigrati in Germania

Anche gli emigrati cariatesi, in Germania, si mobilitano e sostengono la protesta organizzata da “Le Lampare – Basso Jonio Cosentino e dal “Comitato Uniti nella Speranza”

Per la prima volta sul territorio tedesco si manifesta in favore di una problematica che interessa un comune italiano. Anche gli emigrati cariatesi, in Germania, si mobilitano e sostengono la protesta organizzata da “Le Lampare – Basso Jonio Cosentino e dal “Comitato Uniti nella Speranza”, a cui si sono uniti tantissimi cittadini del territorio, per la rimessa in funzione dell’ex ospedale di Cariati.

A questo scopo si è tenuta in Germania a Fellbach una grossa manifestazione a favore della riapertura dell’ospedale “Vittorio Cosentino” di Cariati, organizzata dal gruppo “Escia a mare”, che conta oltre 11 mila aderenti, creato e gestito da Maria Gentile e Giovanni Curia, eredi di due grosse famiglie di pescatori cariatesi, ma da tanti anni emigrati in terra teutonica, dove conducono nella cittadina di Winterbach un ristorante tipico della cucina calabrese, diventato un punto di raccolta e d’incontro tra italiani e tedeschi.

Un segnale, quindi dall’estero per sostenere i gruppi Le lampare – Basso Jonio Cosentino e il Comitato Uniti nella Speranza che da tanti giorni stanno mantenendo alta a Cariati l’attenzione dei media sull’ospedale, attraverso una occupazione simbolica del nosocomio cittadino. Alla manifestazione, tenuta davanti alla piscina F3 di Fellbach, trasmessa via web, sono intervenuti gli emigrati di Cariati e del circondario, tra cui Alfonso Fazio, nato nella cittadina ionica cosentina, assessore al Comune di Waiblingen, il quale ha detto che “La manifestazione di Fellbach dovrebbe inviare un segnale ai politici di Roma e della Calabria, perchè le infrastrutture sanitarie nel Sud Italia sono state fortemente privatizzate. Adesso mancavano i letti di terapia intensiva, per la cura dei pazienti Covid. L'ospedale di Cariati - ha concluso l’assessore - chiuso una decina di anni fa e che un tempo serviva una popolazione per circa 120mila persone nella Regione, è condizione di poter accogliere i pazienti.”

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