Desiderio di giustizia. E di verità. Un desiderio espresso dal figlio di un commerciante, Santo Nigro, assassinato nel novembre del 1981 in un negozio di scarpe di via Popilia, a Cosenza. La Dda di Catanzaro, diretta da Nicola Gratteri, ha fatto luce sul delitto dopo 39 anni incriminando una serie di vecchi personaggi della ’ndrangheta dell’Alta Calabria. Nigro non volle versare la tangente alla cosca Pranno-Vitelli e venne punito con la morte. A sbarazzarsi della vittima furono Aldo Acri (oggi pentito) e Carmine Luce (poi a sua volta ucciso) che più volte erano andati a battere inutilmente cassa. Il ragionamento fatto dai loro capintesta fu all’epoca banalmente terrificante: se si fosse consentito a Santo Nigro di “resistere” altri l’avrebbero presto imitato. Dunque, doveva morire. Francesco Saverio Vitelli e Mario Pranno, all’epoca boss a tutto tondo della criminalità cosentina, dopo aver dato incarico ai due sicari, ordinarono al picciotto Francesco Tedesco di accompagnarli sul luogo dell’esecuzione nel quale si sarebbe pure appostato Francesco Cicero, anche lui gravitante nell’ambiente mafioso. Detto e fatto: il 18 novembre del 1981 Nigro venne trucidato. A metà anni 90 Aldo Acri, come Francesco Saverio Vitelli e Francesco Tedesco decidernno di collaborare con la giustizia ammettendo le loro responsabilità per quel delitto dimenticato. Esecutori, concorrente e mandanti sono adesso finiti a giudizio davanti al gup distrettuale di Catanzaro, Gabriella Saccà, per iniziativa dell’attuale procuratore di Vibo Camillo Falvo.
Ieri l’udienza preliminare con tutti gli imputati che hanno chiesto di essere giudicati con rito abbreviato. Il processo verrà celebrato il 19 marzo prossimo.
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