Bisognerebbe riavvolgere il nastro, tornare indietro nel tempo, per capire le ragioni che hanno indotto Roberto Presta a mettersi dalla parte dello Stato. Di certo il crimine stanca e paga poco, anzi, spesso non paga come uno s’immagina. Stanca, perché bisogna star dietro ai piccoli spacciatori per recuperare i proventi della droga. Stanca perché quei soldi da recuperare – tra minacce e qualche sganassone distribuito qua e là – sono il fiato, il respiro, per saldare il debito delle partire all’ingrosso di coca, hascisc e marijuana acquistate dai “compari” della Piana di Gioia Tauro. E quelli mica sono tanto propensi a diluire le scadenze. E così, a un certo punto, al culmine della discussione in quell’auto in cui era solito – ignaro d’esser ascoltato e soprattutto registrato – parlare senza veli, Roberto Presta sbotta: dà voce a uno stato d’animo che evidentemente albergava, cresceva, da tempo nei suoi pensieri. «Mamma... non ce la faccio più... voglio morire io... gua’... speriamo che Gesù Cristo mi prende il più presto possibile». Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Cosenza