Cosenza, traffico di stupefacenti: 10 anni a Marco Perna, figlio del boss ergastolano Franco
Dieci anni di reclusione. E' la pena che dovrà scontare Marco Perna, 46 anni, condannato con sentenza definitiva per traffico di sostanze stupefacenti. L'uomo è stato arrestato dai carabinieri della stazione principale dell'Arma di Cosenza in esecuzione di un ordine di carcerazione. Perna, figlio dell'irriducibile boss ergastolano della città dei bruzi, Franco Perna, detenuto dal 1995, è stato incriminato dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, diretta da Nicola Gratteri, nell'ambito dell'inchiesta "Apocalisse" che ricostruiva le lucrose attività di un'associazione specializzata nella commercializzazione di sostanza stupefacente a Cosenza. Alla procura antimafia - che aveva documentato anche con intercettazioni ambientali e telefoniche l’esistenza del gruppo criminale – ha dato un buon contributo il pentimento di Luca Pellicori, secondo il quale Marco Perna e Andrea Minieri ( pure lui ora arrestato per scontare la condanna definitiva a due anni e due mesi) gestivano la vendita degli stupefacenti anche mentre si trovavano ristretti agli arresti domiciliari. In più d’una occasione, nel corso del dibattimento di primo grado celebrato nel capoluogo bruzio, il collaboratore di giustizia aveva indicato Marco Perna come il vertice dell’organizzazione dedita al traffico e alla capillare distribuzione delle sostanze stupefacenti nelle piazze di spaccio. Pellicori nel corso delle audizioni in aula aveva raccontato alcuni episodi dai quali sarebbe emerso che Marco Perna – fra l’altro suo amico d’infanzia – aveva una certa libertà d’azione anche dai domiciliari. Il collaboratore di giustizia ha raccontato che quando, venne assegnato alla detenzione domestica, Marco Perna scese a casa sua con una bottiglia di champagne. L’esistenza della rete di spaccio avrebbe, poi, trovato conferma nel corso dello svolgimento del processo, durante il quale, il collaboratore di giustizia, ha rivelato che Marco Perna aveva redatto la lista dei crediti vantati nei confronti dei piccoli spacciatori. Soldi che secondo il pentito dovevano essere recuperati a tutti i costi. Recupero, che il presunto capo del gruppo avrebbe «curato» personalmente dalla propria abitazione.