Strategiche alleanze. I crotonesi non comandavano solo a San Giovanni in Fiore ma avevano stretto “patti di sangue” anche nella città capoluogo. Il dato, per nulla sottovalutabile, emerge da una intercettazione eseguita dalle forze dell’ordine il 24 agosto del 2006. La voce, inconfondibile, è quella di Pantaleo Russelli, boss in ascesa di Papanice e responsabile dell’agguato costato la vita, nel 2008, a Luca Megna, figlio di don Mico Megna, signore incontrastato di quella zona di Crotone. L’uomo parla con dei suoi “compari” di un incontro al quale ha partecipato a Cosenza in una «casa dei Bruni». Riferisce che la zona era sorvegliata da uomini «armati fino ai denti» e che i cosentini sollecitavano una costante fornitura di droga, in particolare cocaina. In un’altra intercettazione – realizzata sempre attraverso microspie posizionate in casa o nell’auto – gl’investigatori registrano un ulteriore particolare: Russelli deve tornare nella città dei bruzi, di lì a poco, per partecipare ad una festa. Si tratta della cerimonia di battesimo del figlio di Michele Bruni. Il legami del boss dei papaniciari è con lui. Nei colloqui registrati dagli inquirenti – gli atti fanno parte dell’operazione “Perseus” scattata nel 2008 – Russelli riferisce ai compagni di cosca di avere incontrato «il capo e il contabile» di Cosenza. Ma non è finita. Due sodali del padrino crotonese, ignari d’essere ascoltati, ragionano sulla possibilità che i cosentini dispongano di «qualche bazooka». Lo scenario rivela il possibile inizio di uno scambio: droga – «dieci chili di cocaina al mese» – fornita dai crotonesi e armi cedute dai cosentini. Le cose non sono poi andate nel verso giusto. Pantaleo Russelli verrà arrestato a Imola, in Emilia Romagna, nel 2008, mentre Michele Bruni subirà a sua volta l’incedere della magistratura antimafia. Ma c’è dell’altro. I rapporti tra cosentini e crotonesi è testimoniato da ulteriori indagini che si riferiscono a Croce di Magara. In Sila, tra gli alberi secolari, vi sarebbero stati numerosi incontri tra i boss bruzi e quelli pitagorici. Incontri convocati per discutere di questioni di vario genere e affari comuni. Ed ai quali avrebbero preso parte anche padrini all’epoca latitanti. L’altopiano, d’altronde, è sempre stato considerato una terra di mezzo. Utile agli uni e agli altri. L’avvento del “capo crimine” Nicolino Grande Aracri (detto "Mano di Gomma") renderà però poi tutto più definito dal punto di vista del dominio sul territorio. Il superboss, intercettato l’8 novembre del 2012 nella sua casa di Cutro, dice ai suoi uomini che San Giovanni in Fiore, Lorica e Camigliatello sono sotto la sua “giurisdizione” e spiega: «I cosentini lì non ci devono mettere manco piede... proprio per niente...». E aggiunge: «I cosentini non contano niente... anzi sai cosa faccio? Li faccio chiamare tutti quei quattro cosentini e gli dico... vedi che voi non comandate niente». Parola di padrino