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'Ndrangheta, l'ex killer Aldo Acri folgorato dalla fede

La confessione: “Io ho scelto di collaborare perché mi sono reso conto che nella vita ho sbagliato tutto e volevo avere la possibilità, se fossi stato sentito da qualche giudice, di raccontare tutto”

Le due vite del killer. La prima consumata premendo il grilletto di pistole e revolver per spedire all'altromondo "nemici" vecchi e nuovi; la seconda vissuta nel rimorso e nella preghiera, abbracciando la fede cattolica. Aldo Acri è stato un sicario del gruppo “Perna” di Cosenza, una cosca mafiosa nella quale  aveva raggiunto il grado di “camorrista”. Un grado conquistato sul campo a furia di pistolettate. Di professione ufficialmente era gommista; nella sostanza era uno degli “azionisti” più attivi della cosca: sparava bene, era freddo e crudele. Una volta arrestato, nel 1996, si pente, confessando di aver ammazzato tanta gente. E spiega: «Io ho scelto di collaborare perché mi sono reso conto che nella vita ho sbagliato tutto e volevo avere la possibilità, se fossi stato sentito da qualche giudice, di raccontare tutto... Lo sentivo dentro di me, mi sono pentito di tutto quello che ho fatto...Io ci provo a cambiare vita, non ho chiesto niente pentendomi, né di avere benefici, né di avere la libertà...Forse per quello che ho fatto meriterei la sedia elettrica!».

Il tentativo di redimersi

Collaborando Acri tenta, insomma, di esorcizzare in qualche modo il Male, la memoria indelebile di ciò che ha commesso e il senso di colpa che lo logora. Fugge da se stesso e s’infligge una punizione. Quando gli sarà concessa la detenzione domiciliare per scontare le pene accumulate, chiederà di stare in un istituto religioso. E la sua trasformazione interiore lo indurrà ad abbracciare con convinzione la religione cattolica. Talmente forte si riveleranno la sua fede e il suo pentimento che Acri chiederà di essere ordinato diacono. Ieri il pm antimafia di Catanzaro, Corrado Cubellotti, ha chiesto la condanna dell'ex killer a sei anni di reclusione: Acri ha infatti ammesso di aver assassinato nel novembre del 1981 un commerciante di scarpe di Cosenza, Santo Nigro, che non aveva inteso pagare il "pizzo" al clan. Un delitto commesso su commissione, per ordine dei maggiorenti della sua ex famiglia di 'ndrangheta. Il pentito ha confessato tutto: fu lui a entrare nel negozio posto in via Popilia e ad far fuoco. La procura di Catanzaro, diretta da Nicola Gratteri, per il fatto di sangue ha invocato la condanna a 30 anni di reclusione pure per Francesco Cicero e Mario Pranno, all'epoca 'ndranghetisti a tutto tondo e per il collaboratore di giustizia Francesco Saverio Vitelli nei confronti del quale è stata chiesta la pena di sei anni. A settembre la sentenza del Gup di Catanzaro, Saccà.
Santo Nigro, commerciante ucciso

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