«Lo porti a prendere un gelato...non è niente": è quanto si era sentito dire un 19enne della provincia di Potenza, deceduto il 5 luglio del 2004 per uno shock settico ritenuto diretta conseguenza di un ascesso non curato a un dente. Una vicenda che, a distanza di tutti questi anni, 17 in tutto, ha trovato l’epilogo con la condanna dei cinque medici del centro odontoiatrico coinvolto e anche dell’azienda sanitaria locale di Cosenza che lo hanno avuto in cura.
Una condanna che, però, sottolineano gli avvocati napoletani Alessandro Milo, Amedeo Di Pietro e Marco Longobardi, legali della famiglia, «non potrà lenire il dolore per la morte di un giovane che si stava affacciando alla vita». «Dopo ben tre sentenze penali, del Tribunale di Lagonegro, nel 2009, della Corte d’Appello di Potenza, nel 2010, e della Corte Suprema di Cassazione del 2012, e di quella civile, del Tribunale di Lagonegro, passata in giudicato nel 2018 alla fine ci resta la grandissima soddisfazione professionale ed umana per aver dato Giustizia ai genitori, alla sorella, ai nonni, ma soprattutto ad A.D.M., che oggi può riposare in pace», hanno commentato gli avvocati napoletani Milo, Di Pietro e Longobardi, legali della famiglia. «La sua vita è stata spezzata dal concorrente illecito operato di ben cinque medici, - ricordano i legali - i quali, hanno dimesso il giovane diverse volte, senza curarlo e causandone il decesso, facendo in modo che in mancanza di cure, negate, una banale patologia, quale un ascesso dentale avesse modo di evolvere, incontrollata, sino ad arrecare addirittura la morte dopo giorni di atroci sofferenze». (ANSA).
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