La sanità, la nostra sanità si muove da anni su un sentiero di pietra, una mappa senza coordinate. La sua sofferenza è diventata il baricentro del tempo nella narrazione infinita del covid. I suoi affanni hanno riempito la storia degli ultimi diciotto mesi. Dentro ci sono storie di gente, di uomini e di donne che si ammalano, che guariscono, che peggiorano e muoiono. Trame di questa nostra umanità che s’intrecciano, inevitabilmente, con le difficoltà di un sistema salute devastato da un commissariamento senza fine. Una sanità che, nel Cosentino, mostra gigantesche falle all’interno di una rete territoriale che patisce bilanci perennemente in rosso. Lo scenario da default ha prodotto dolorosi tagli agli organici e ai posti letto ha finito per modellare una qualità dell’offerta insufficiente. L’idea del risparmio applicata alla salute pubblica, secondo i principi del business globalizzato, si è tradotta in undici anni di sofferenza e di una resistenza al covid non sempre adeguata. Reparti ridotti, piccoli presidi cancellati, tagli indiscriminati di posti letto, rinuncia a medici e infermieri. E proprio la carenza cronica di personale medico e paramedico non ha consentito di mantenere sani e forti gli ospedali sopravvissuti alle sforbiciate in questi mesi di grande pressione.
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