Quattro mesi e 15 giorni di reclusione. È questa la pena inflitta dalla Corte d’Appello di Catanzaro all’imprenditore Piero Citrigno. L’ex editore di “Calabria Ora” e poi anche del quotidiano “L’Ora della Calabria” era accusato di violenza privata ai danni di Alessandro Bozzo. Il giornalista si suicidò il 15 marzo del 2013 nella sua casa di Marano Principato. Citrigno, cinque anni fa, venne condannato in primo grado a quattro mesi. Nei mesi scorsi, nel corso della sua requisitoria, il sostituto procuratore generale Salvatore Di Maio, aveva ripercorso tutta la vicenda giudiziaria scaturita dalla morte del giornalista che per anni lavorò nei quotidiani appartenenti a società riconducibili a Citrigno. Nell'appartamento di Marano Principato dove Bozzo viveva furono trovati il suo corpo senza vita e anche una lettera in cui chiedeva scusa per il gesto compiuto. Un gesto inspiegabile che gettò nell’angoscia oltre alla sua famiglia – pietrificata dal dolore – anche tutti gli amici, i conoscenti e i tantissimi colleghi e professionisti con i quali Bozzo lavorava ogni giorno. Era un giornalista stimato e apprezzato da tutti per la sua onestà intellettuale. Ecco perché nessuno riuscì a trovare una spiegazione a quel gesto assurdo. Ma, nei giorni successivi, i suoi familiari recuperando gli effetti personali in redazione trovarono anche un diario. Dalla lettura dolorosa di quelle pagine, i suoi genitori vennero a conoscenza di un profondo stato di angoscia del figlio, causato anche da problemi di lavoro. E decisero di consegnare quel diario ai carabinieri. Da lì, prese il via la vicenda giudiziaria che portò prima all'iscrizione di Citrigno sul registro degli indagati e poi al processo per violenza privata. L'imprenditore si è sempre protestato innocente e tale dovrà essere considerato sino alla conclusione definitiva della vicenda giudiziaria.