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L’analisi dell’Antimafia sulla Sibaritide. L'ingerenza della “supercosca” su opere pubbliche e imprese

La Commissione bicamerale punta l’attenzione sull’area ionica della provincia governata da una “supercosca”. Le ingerenze sulle opere pubbliche, le imprese commerciali, turistiche e agricole

L’arrivo a Cosenza della Commissione antimafia, guidata da Nicola Morra

Una terra ricca. Con strutture turistico-ricettive di alto livello, imprese commerciali imponenti, aziende agricole importanti dal punto di vista produttivo. La Sibaritide s’allunga verso aree urbane significative - come Corigliano Rossano e porti destinati a diventare importanti crocevia per il turismo oltre che per la pesca, come quello di Schiavonea. Ma la fascia ionica in cui un tempo sorgevano le antiche città di Sybaris e Thurii è pure destinataria di ingenti risorse finanziarie pubbliche. Risorse destinate agli enti territoriali e all’ammodernamento della Statale 106 ionica. È per questo che la Commissione parlamentare antimafia, presieduta da Nicola Morra, ha focalizzato l’attenzione su questa zona del Cosentino durante le audizioni tenute l’altro giorno in Prefettura. I commissari hanno ben presente pure il fatto che la Sibaritide è un vero e proprio “laboratorio” criminale in cui si fondono gli interessi delle cosche tradizionali della ‘ndrangheta e quelli della criminalità nomade. Al momento - secondo quanto emerge dalle indagini - sarebbe stata istituita una sorta di “supercosca” che gestirebbe gli “affari” più importanti, il traffico di droga e l’imposizione delle tangenti. Alle strategia di questa “struttura” sarebbero addebitabili anche numerosi delitti compiuti negli ultimi tre anni. Agguati consumati facendo spesso largo uso di fucili mitragliatori kalashnikov.

Si tratta, in particolare, dell’omicidio di Giuseppe Gaetani, avvenuto a Cassano nel dicembre 2020 e delle uccisioni di Leonardo Portoraro (giugno 2018), Pietro Longobucco e Antonio Sanfilippo (dicembre 2018), Cosimo Rosolino Sposato (luglio 2019) Francesco Romano e Pietro Greco (luglio 2019) Francesco Elia (giugno 2020). Uccisioni di chiara matrice mafiosa ancora senza colpevoli.

La Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, diretta da Nicola Gratteri, ha duramente colpito le consorterie 'ndranghetistiche negli ultimi anni, ottenendo condanne definitive per carismatici capibastone. L’ultima operazione, denominata “Kossa”, coordinata dall’aggiunto Vincenzo Capomolla e firmata dal pm antimafia Alessandro Riello, ha interessato la famiglia Forastefano con decine di arresti. Non solo: proprio nelle scorse settimane è passata in giudicato la condanna all’ergastolo di Cosimo Donato e Faustino Campilongo, coinvolti nell’omicidio del piccolo “Cocò” Campolongo, ucciso a soli tre anni di vita insieme con il nonno, Giuseppe Iannicelli e una donna marocchina, Betty Taoussa, nel gennaio del 2014. La “supercosca” sibarita sarebbe legata al “crimine” di Cirò Marina per antichi rapporti e scambi di killer avvenuti nel ventennio appena trascorso. Le sinergie con i gruppi ionici del crotonese sono stati oggetto di ulteriori approfondimenti da parte della Commissione parlamentare che, proprio ieri, è stata in visita ispettiva a Crotone.

Attacco a Castrovillari

I cassanesi hanno recentemente pure tentato di “colonizzare” la vicina Castrovillari, ponendo in essere una serie di attentati contro gli imprenditori locali per costringerli a pagare il “pizzo”. La progressiva invasione è stata fermata dai carabinieri con un blitz che ha portato all’arresto dei responsabili delle intimidazioni e alla loro successiva condanna. I sibariti, tuttavia, rimangono i principali fornitori della sostanza stupefacente smerciata nella città del Pollino.

Criminalità nomade

I clan nomadi preoccupano le istituzioni e sono stati a lungo sottovalutati. I componenti sono quasi tutti imparentati tra di loro, portano gli stessi cognomi, parlano un gergale identitario, dispongono di arsenali di armi fornitissimi e contano su un “esercito” capace di agire sia nella Piana di Sibari che nel capèoluogo di provincia. Gli “zingari” peraltro non stati “infettati” dal fenomeno del pentitismo. Tre i collaboratori di giustizia fuoriusciti delle loro file: Pasquale Perciaccante a Cassano, Franco Bevilacqua e Celestino Abbruzzese, detto “micetto”, a Cosenza. La “famiglia” mafiosa è pertanto quasi impenetrabile ed estende i propri interessi economici anche in Germania.

Occhi di ghiaccio

C’è un solo boss, legato alla ipotizzata “supercosca”, in grado di fornire indicazioni interessanti ai magistrati inquirenti: è Nicola Acri, detto “occhi di ghiaccio”, ras ergastolano di Rossano che, dopo aver chiesto di parlare con il procuratore Gratteri, sta ricostruendo la mappa del potere mafioso nel segmento di Calabria compreso tra Cirò Marina e Roseto Capo Spulico. Bisognerà però aspettare dei mesi per verificare l’effetto delle sue confessioni.

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