“Fatta la legge trovato l’inganno”: la manzoniana espressione calza a pennello con il quadro che va sempre più delinenadosi in relazione alla indebita fruizione del reddito di cittadinanza. E se la provincia di Milano risulta tra le più colpite dal fenomeno truffaldino (14.000 le revoche del beneficio già disposte) quella di Cosenza guida invece la “classifica” negativa in Calabria. In appena dieci mesi i carabinieri del comando provinciale, diretti dal colonnello Agatino Spoto, hanno accertato che sono ben 840 le persone destinatarie del sostegno economico previsto dallo Stato che non ne avrebbero diritto. Si tratta di uomini e donne impegnati in attività lavorative in “nero” e fruitori di guadagni non dichiarati. L’esame della documentazione acquisita dagli investigatori dell’Arma ha rivelato pure la presenza tra gli indebiti percettori persino di esponenti della criminalità organizzata, residenti tra Cosenza e Rende. Si tratta, in sei casi, di soggetti la cui posizione è stata valutata nell’ambito di procedimenti istruiti contro le organizzazioni mafiose operanti nell’area urbana e chiusi con sentenza definitiva tra il 2012 e il 2014. A loro si aggiungono altri due condannati per estorsione con sentenza passata in giudicato nel 2015. Ma non è finita. Del reddito godrebbero pure decine di cittadini stranieri che hanno falsamente autocertificato condizioni non veritiere relative alla composizione del loro nucleo familiare, degli immobili dove risiedono, del periodo di permanenza in Italia. Le verifiche comparative compiute sugli atti prodotti dai sospettati all’Istituto nazionale di previdenza sociale ha dato risultati significativi e negativamente sorprendenti. Vi sarebbero addirittura degli albanesi che, ottenuto il reddito, sarebbero regolarmente rientrati a vivere nel loro Paese. Di più: un controllo incrociato compiuto negli archivi di polizia e nelle sedi giudiziarie di Cosenza e Catanzaro per accertare la eventuale esistenza di dibattimenti istruiti nei confronti degli odierni indagati, sia italiani che stranieri, avrebbe lasciato gli investigatori sbigottiti: ci sarebbero, infatti, decine di condannati per vari reati (furto, truffa, sfruttamento della prostituzione). E pure la Guardia di finanza ha svolto, da par suo, attività investigative nell’area dell’Alto Tirreno cosentino per accertare la legittimità dei redditi di cittadinanza accordati negli ultimi tempi. Gli uomini del colonnello Danilo Nastasi hanno smascherato ben 170 “furbetti”. Tra questi un assessore comunale in carica e un ex sindaco. È proprio vero che talvolta la realtà supera la fantasia... Quanto, però, questo sistema truffaldino sia diffuso nella nostra regione lo testimoniano analoghe clamorose indagini che hanno alzato il velo su altri personaggi gravitanti nel mondo della ‘ndrangheta del Reggino, beneficiari del sussidio. Tra questi figurava pure Alessandro Pannunzi, figlio di “Bebè” Pannunzi, il “Pablo Escobar” italiano, e poi personaggi di vario calibro dei clan operanti a Locri, Siderno, Reggio, Caulonia. Nel Crotonese s’è invece scoperto che perfino il boss di San Leonardo di Cutro, Alfonso Mannolo, percepiva il vantaggioso beneficio e, con lui, altre sette persone riferibili alla sua cosca.