La cosca Muto di Cetraro esiste ma è una associazione mafiosa... non armata. Le rapine commesse dagli imputati coinvolti nell'inchiesta "Frontiera" - condotta contro il clan cosentino dalla Dda di Catanzaro - sono state compiute, ma non nell'ambito di un contesto riconducibile alla consorteria. Sarebbero insomma azioni individuali. Piena e totalmente riconosciuta, invece, l'esistenza del narcotraffico condotto lungo la fascia tirrenica del Cosentino dagli esponenti della consorteria. Queste le conclusioni della Corte di Cassazione che ha reso definitive le condanne inflitte a: Valentino Palermo, 7 anni; Vittorio Reale, 7 anni e 8 mesi; Luigi Sarmiento, 2 anni e 8 mesi; Salvatore Sinicropi, 14 anni e 8 mesi; Carmelo Valente, 14 anni; Giulio Caccamo, 1 anno, sei mesi e 10 giorni; Pietro Calabria, 5 anni e 10 mesi; Sandra Muto, 1 anno e 4 mesi; Gianfranco Di Santo, 7 anni e 6 mesi; Giuseppe Esposito, 5 anni e 8 mesi; Antonietta Galliano, 1 anno e 4 mesi. Dovranno invece essere rideterminate con un nuovo processo di appello le condanne parzialmente annullate con rinvio dalla Cassazione, nei confronti di: Fedele Cipolla, Franco Cipolla, Angelina Corsanto (moglie del boss Franco Muto) , Guido Maccari, Giuseppe Montemurro, Luigi Muto (figlio del capibastone Franco) , Mara Muto (figlia del boss) , Carmine Occhiuzzi, Andrea Orsino, Alfredo Palermo, Alessandro De Pasquale, Antonio Pietramonica. Il capocosca storico Franco Muto detto "il re del pesce", condannato a 20 anni di carcere con rito ordinario, comparira' davanti ai giudici di legittimità per il giudizio definitivo nei prossimi mesi con altre decine di imputati. La sentenza emessa adesso si riferisce infatti solo ai soggetti che avevano scelto il rito abbreviato. Per loro l'effetto del mancato riconoscimento nell'ambito dell'associazione mafiosa della disponibilità di armi e nel caso delle rapine per la caduta dell'aggravante mafiosa vi sarà una riduzione delle pene.