«Ho visto il corpo di Denis all’obitorio. Aveva un rigonfiamento sulla cassa toracica e ricordo che aveva un segno scuro simile ad un livido sulla tempia. Però il viso di 'Berga' era bello, era integro». A dirlo è stato l’ex portiere del Cosenza Calcio Luigi Simoni, deponendo in Corte d’Assise a Cosenza, nell’udienza del processo che mira a far luce sulla morte di Donato «Denis» Bergamini avvenuta il 18 novembre 1989 lungo la Statale 106, nei pressi del Castello di Roseto Capo Spulico. In aula Isabella Internò, ex fidanzata del centrocampista del Cosenza, unica imputata, accusata di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi. «Non ho mai creduto al suicidio» ha detto Simoni che ha giocato per quattro anni insieme a Bergamini nel Cosenza. Più che un compagno di squadra, Denis è stato un «fratello» per Simoni che ha confermato l’esistenza di un «pre-contratto con il Parma di Nevio Scala. Denis - ha detto l’ex portiere - pensava anche al futuro, parlavamo dei nostri progetti, anche quelli dopo la fine della carriera da calciatori e volevamo comprare uno stabilimento balneare a Milano Marittima». Simoni ha parlato anche della gelosia della Internò nei confronti del compagno di squadra e ha ripercorso il giorno della morte di Bergamini, affermando di avere saputo dell’accaduto da una telefonata di Beppe Maltese, massaggiatore del Cosenza Calcio. Durante la testimonianza - durata cinque ore - si è registrato un clima teso e qualche battibecco con gli avvocati della difesa. L’udienza è stata aggiornata a domani. Prevista la testimonianza di Roberta Alleati ultima fidanzata di Donato Bergamini.