Il sistema dei servizi assistenziali sul territorio è over da settimane, strapazzato dal fiume inquieto di un contagio che si muove senza controllo. La rete colabrodo degli ospedali periferici (dove, pare, scarseggino persino i test antigenici rapidi) continua a riversare i suoi pazienti sul Pronto soccorso dell’“Annunziata” che è tornato luogo di sofferenza e di morte. La storia di queste ultime ore ci ha riportati all’interno della prima linea del “civile” con pazienti ammassati dentro quelle stanze. A un certo punto, lunedì ce n’erano 48 in tutto, tra covid e non covid. Gente sofferente, casi gravissimi, urgenti, anime in pena parcheggiate ovunque, persino nei corridoi. Code di lettini e barelle con malati in attesa del responso del tampone e di un ricovero. Ammassati dentro quelle stanze, nei corridoi, su sedie o barelle sgangherate, uno dietro l’altro, uno accanto all’altro. Uomini e donne, tutti insieme, abitanti di quella strana comunità assemblata dal dolore. Le malattie (tutte, non solo il Covid) hanno un costo sociale, è chiaro, ma non per questo non devono essere affrontate nelle strutture sanitarie pubbliche. Non si può risparmiare su cure e terapie per garantire stipendi d’oro agli “esperti” di turno. L’assistenza è un diritto sacrosanto che deve essere garantito a tutti i cittadini. E, invece, il “sistema” ha cancellato il diritto alla salute, immolandolo sull’altare del business. Solo così si spiega il nuovo assedio al Pronto soccorso. Dall’ultima ispezione di dicembre lo scenario non sembra cambiato. Con malati di tutte le età in coda e quegli stessi pochi medici rimasti insieme ad infermieri e oss a lottare, ogni giorno, dentro quelle stanze, per salvare uomini e donne sofferenti. E lunedì, a un certo punto, sono arrivati i Nas per acquisire altra documentazione richiesta dagli ispettori ministeriali (proprio in riferimento al sopralluogo di dicembre) che servirà a corroborare la relazione di Roma con cui verrà rimodulato, presumibilmente, il funzionamento del Pronto soccorso e degli altri reparti dell’ospedale hub. E i “camici bianchi” dell’Arma si sono fermati ad ascoltare nuove lamentele. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Cosenza