Il Covid continua a non avere una fisionomia precisa, un credo, una fede. Nel Cosentino, i numeri che riassumono il contagio in questi giorni seguono scie imprevedibili. La curva si muove di moto sussultorio disegnando onde sempre più inquiete, nonostante la sottostima dei casi che qui va avanti ormai da mesi. Altrove il virus è già in fuga, l’Rt flette, la voglia di normalità incalza. Al Sud, invece, sembra ancora vivo dentro statistiche poco rassicuranti. In questa terra, poi, la gente continua a morire più che altrove (ma è chiaro che il tasso di letalità sembra più alto solo perché manca la stima reale dei casi positivi. Del resto, solo l’Asp di Cosenza non riesce a caricare sul flusso dell’Iss anche i risultati dei test degli erogatori esterni). Anche ieri, il bilancio delle vittime è stato pesante con altre 5 vittime (2 a Cosenza, una a Corigliano Rossano, Cerzeto e Torano) che hanno alzato il saldo da inizio pandemia a quota 853. Nelle ultime 48 ore, si sono arrese 9 persone (ben quattro delle quali, purtroppo, in Rianimazione), mentre la conta dei morti nell’ultima settimana (quella compresa tra il 5 febbraio e ieri) rivela un tributo pesantissimo con ben 33 caduti. Numeri da mattanza. Una scia di morte che sporca, inevitabilmente, la valutazione, evidentemente poco rigorosa dal punto di vista scientifico, di Omicron, declassato a “raffreddore”.