Libera e lontana. È tornata a vivere senza vincoli, dopo aver pagato il debito con la giustizia italiana, la polacca che metteva in riga aspiranti boss e “azionisti” pronti a tutto. L’accento inconfondibilmente slavo e la parlata calabrese; il piglio d’uno spigoloso padrino e la carnagione chiara, i capelli biondi e gli occhi azzurri d’una donna dell’Est: Edyta Kopaczynska è l’unica signora polacca condannata con sentenza definitiva perchè ritenuta appartenente alla ‘ndrangheta, la mafia che ha fatto della “ominità” e della consanguinità i suoi principi cardine. Eppure Edyta, seppur donna e per giunta straniera, ha vissuto un periodo di particolare “splendore” criminale, diventando punto di riferimento di picciotti e compari del marito a cui impartiva ordini e dava indicazioni. Se Michele Bruni era in carcere toccava a lei comandare la baracca con impeto e autorevolezza, usando il gergale mafioso infarcito di cadenza d’Oltralpe. Lei e solo lei possedeva le chiavi del cuore del capo della cosca Bruni e bastava una sua parola, appena sussurrata, per far cambiare il destino di uomini e donne nell’area compresa tra Cosenza, Rende, Montalto, Mendicino e Paola. Edyta faceva e disfaceva come le antiche regine, forte d’un rapporto coniugale che la elevava, agli occhi del marito, al di sopra di tutti. Almeno fino a quando lui è rimasto in vita: poi, tutti gli “amici” le hanno voltato le spalle, i giudici l’hanno condannata per mafia e gli ex “scudieri” di Michele le hanno persino preso la casa. Perciò da potente e cinica “padrina” s’è trasformata in una implacabile pentita di ’ndrangheta. E ha ripreso ad essere al centro delle attenzioni di tanta gente, questa volta schierata dalla parte dello Stato. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Cosenza