Cosenza

Giovedì 03 Ottobre 2024

In fuga dall'Ucraina, a Cosenza arrivati 6 bambini. I papà sono rimasti a combattere

Ucraini in fuga dalla guerra

Mia madre non è voluta venire in Italia, dice che lì può dare una mano e preferisce restare. Lei ha 73 anni e cucina per i soldati e la popolazione». Lo racconta all’AGI Natalka Solyanyk, ucraina, che da molti anni abita a Cosenza, sposata con un avvocato. «Lei dice che è stata lì tutta la vita, perchè dovrebbe partire adesso? Resta lì a fare il pane per i soldati, ha un pò di roba nella cantina. Io sono molto in pensiero per lei». Natalka viene da Vinnitsa, una città non ancora toccata direttamente dalla guerra. Ma intorno ci sono diverse basi militari che sono state bombardate. «I miei cugini sono tutti lì, uno è al comando di un gruppo che sta aiutando la popolazione, e lì tutti si danno da fare per preparare guanti e altre cose che servono ai soldati», racconta Natalka. La donna si è anche fatta diretta promotrice di una sorta di corridoio umanitario che ha già portato in Calabria 12 persone, 6 adulti e 6 bambini tra cui tre di un anno di età, uno di 4 anni e due di 13 e 14 anni. In tutto tre nuclei familiari che sono adesso ospitati a Mendicino, nella casa canonica di San Nicola gestita da don Enzo Gabrieli. Più che di nuclei familiari, forse è il caso di parlare di «mezze» famiglie, visto che i papà sono rimasti in ucraina, per combattere o almeno dare una mano alla resistenza. «Alcuni sono miei parenti - dice Natalka - altri erano amici e parenti loro e non ce la siamo sentiti di abbandonarli, abbiamo organizzato tutto il viaggio». Un viaggio durato una settimana, attraverso la Moldavia e la Romania, fino ad arrivare a Roma, «dove mio figlio è andato a prenderli con un pulmino che ci ha dato un parente - dice Natalka - e li ha portati qui. Altri li abbiamo presi a Bologna. Poi per fortuna Don Enzo, che voglio ringraziare, e tutta la gente di Mendicino, li hanno accolti e gli hanno dato quello che gli serviva - racconta, commossa, Natalka - e io ogni giorno raccolgo altra roba per loro e faccio da interprete, perchè loro non parlano neanche una parola di italiano». E poi proseguono anche le raccolte di cibo, vestiti e medicinali da mandare a chi è rimasto in Ucraina. «In tanti sono lì, non vogliono lasciare la loro casa e vogliono aiutare come possono, ed è un dolore sentirli al telefono, ogni giorno - dice Natalka - ci raccontano come vivono, nella paura, nascondendosi». Forse arriveranno altri ucraini, visto che i contatti sono frequenti. Non sappiamo quanto durerà questa guerra, - dice Natalka - all’inizio pensavamo che fosse solo per pochi giorni ma adesso non sappiamo per quanto tempo dovremo accoglierli, è davvero un dolore forte perchè ci sono tante persone che stanno fuggendo e noi dobbiamo dare una mano come possiamo». «Il bimbo di 13 anni è sempre silenzioso, non parla mai. E’ vero che i più piccoli restano scioccati, questo bambino non parla mai e non accende neanche la tv», dice don Enzo Gabrieli. Il sacerdote ha dei contatti per inserire adesso i bimbi a scuola. Contatti anche con la Questura per discutere delle vaccinazioni anticovid. «Per fortuna nel gruppo ci sono mamme e nonne, che cucinano e sono autonome e questo le tiene anche impegnate» dice ancora don Enzo, che sottolinea la grande solidarietà della popolazione. «Abbiamo dovuto fare una sorta di turnazione - dice - perchè arriva adesso troppa roba e invece vorremmo che non fosse solo una cosa momentanea, vorremmo che la gente continuasse a donare nel tempo, anche nei prossimi giorni o mesi». Ieri l’Arcivescovo di Cosenza, mons. Francesco Nolè, ha anche voluto incontrare i 12 ucraini, per portare una parola di serenità.

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