Si profila un lungo confronto sulla filiera delle responsabilità dietro l'angolo del processo che sta cercando di fare piena luce sul disastro del Raganello. Il 20 agosto del 2018, infatti, a causa del maltempo e di presunte falle organizzative persero la vita 10 persone per una forte onda di piena che spense la vita di dieci anime indifese e che produsse ben 32 feriti tra i semplici turisti. Il collegio giudicante, che è composto dal presidente Annamaria Grimaldi e dai giudici Rosanna Pugliese e Orvieto Matonti, ha affrontato la prima, vera udienza che ha visto l'escussione di due testi, vale a dire il militare della centrale operativa dei Carabinieri presso la Compagnia di Castrovillari che raccolse la telefonata di emergenza, vale a dire Emilio Grisolia e il maresciallo Luigi Canale, attualmente in forza al Nucleo operativo radiomobile, il quale insieme al collega Aldo Martina portò i primi soccorsi sulle rive del Raganello. La pubblica accusa, rappresentata dalla dottoressa Veronica Rizzaro, ha ricostruito, sempre attraverso le parole dei testi dell'accusa, gli attimi che hanno seguito il disastro mortale, mentre la difesa degli imputati, che ieri mattina era rappresentata dagli avvocati Luca Donadio, Riccardo Rosa, Amalia Monci, Roberto Laghi, Emilio Franzese e l'avvocato Belvedere hanno duellato soprattutto sulla filiera delle responsabilità; su tre messaggi social che una delle vittime, vale a dire l'accompagnatore-guida Antonio Rasis, si sarebbe scambiato con il responsabile organizzavo delle escursioni sulle condizioni meteo; il perché altri comuni (tra cui Cassano) non sono stati chiamati in giudizio assieme alla Protezione Civile, all'Ente Parco, all'Arpacal e all'Autorità di Bacino. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Cosenza