Ci si interroga nella Sibaritide il giorno dopo l’inchiesta della procura della Repubblica di Castrovillari che ha portato a scoperchiare una strutturata organizzazione che rastrellava braccianti stranieri trattandoli come schiavi. Una vasta operazione scaturita da una complessa attività d'indagine avviata dalla Stazione Carabinieri di Mirto Crosia, condotta dai carabinieri del reparto territoriale di Corigliano Rossano, in stretta sinergia con i militari del Comando Carabinieri Tutela del Lavoro di Cosenza, ed ha permesso di disvelare il fenomeno dell'impiego di lavoratori in condizioni illecite da parte di diverse aziende dislocate tra le province di Cosenza e Crotone e in provincia di Matera. I sequestri preventivi hanno riguardato beni e quote aziendali di 10 imprese operanti nel settore agricolo (4 persone giuridiche e 6 imprese individuali), di cui 4 ubicate in provincia di Cosenza, 5 in provincia di Crotone ed 1 in provincia di Matera nonché il sequestro di 5 veicoli ritenuti in sede di accusa, utilizzati da parte dei caporali per il trasporto dei lavoratori in nero, per un valore complessivo stimato di circa 15 milioni di euro. Sedici le misure cautelari emesse e ieri mattina si sono tenuti i primi interrogatori di garanzia che ha visto comparire dinanzi al giudice i sei soggetti finiti in carcere: Pino Pugliese di Crosia, Aurina Corina Olteanu, di Crosia, Pasquale Pometti di Crosia, Luigi Romano di Crosia, Slavcho Ivanov Metodiev e Alfonso Francesco Scarcella di Corigliano-Rossano, difesi dagli avvocati Francesco Nicoletti, Pasquale Di Iacovo e Angelo Milito. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Messina