Una raffica di Ak 47. I bossoli calibro 7,62 seminati sull’asfalto testimoniano l’utilizzo d’un kalashnikov per tentare di uccidere Guido Pinto, 47 anni, titolare di una palestra a Guardia Piemontese. Un’arma potente e maneggevole affidata però a un killer frettoloso e impreciso che ha fallito la missione che gli era stata affidata. La vittima viaggiava a bordo di un’Alfa 156 e stava rientrando a Cetraro: l’attentatore ha sparato contro la vettura in movimento crivellandola con cinque colpi uno solo dei quali ha raggiunto il quarantasettenne nella zona toracica. Pinto ha perso il controllo del veicolo che è finito contro il guard rail a un centinaio di metri di distanza dal luogo dell’agguato.
La vicenda
Gli automobilisti in transito, pensando si trattasse di un incidente, si sono fermati per prestare soccorso costringendo il sicario - con la loro presenza - ad allontanarsi senza finire il “lavoro”. Lungo la Statale, per un caso assolutamente fortuito, stava transitando pure un’ambulanza che s’è fermata: il personale sanitario ch’era a bordo, resosi conto della gravità delle condizioni dell’istruttore ginnico, l’ha caricato a bordo portandolo direttamente all’Annunziata di Cosenza. È stata una corsa contro il tempo: Pinto, infatti, perdeva copiosamente sangue e mostrava difficoltà respiratorie. Appena giunto nel nosocomio del capoluogo bruzio è stato sottoposto a un lungo e delicato intervento chirurgico conclusosi con l’estrazione del proiettile e la suturazione di alcuni organi. L’uomo è adesso ricoverato in terapia intensiva con prognosi riservata.
Scattato l’allarme sul posto sono giunti i carabinieri della compagnia di Paola e gli investigatori del Reparto operativo provinciale, diretti dal tenente colonnello Dario Pini. I militari del colonnello Agatino Spoto, hanno interrogato parenti e amici del ferito compiendo poi una serie di perquisizioni in casa di persone sospette e pregiudicati del cetrarese. Pinto non temeva per la propria incolumità e negli ultimi giorni non aveva mostrato segni di preoccupazione ai congiunti.
Nella vita del quarantasettenne non vi sono lati oscuri, frequentazioni pericolose e legami con esponenti mafiosi; c’è solo un episodio grave risalente al 14 febbraio del 2004. All’epoca Pinto gestiva un impianto di rifornimento di carburante a Cetraro e, dopo aver subito una rapina, aveva chiesto e ottenuto l’autorizzazione a detenere una pistola calibro 7,65. Una semiautomatica che si rivelò fatale per un giovane del luogo, Eugenio Martillotta, 20 anni, che insieme a un complice ventiduenne, Alessio Ricco, tentò di assaltare la stazione di servizio. Pinto reagì sparando uccidendo il ventenne. Finì ovviamente sott’inchiesta ma fu prosciolto perchè dimostrò di avere agito per legittima difesa. Lascìò successivamente la gestione dell’impianto e aprì una palestra, svolgendo d’estate pure il ruolo di vigile ausiliario a Cetraro. L’agguato subito è collegato ai fatti del 2004? Toccherà agli investigatori stabilirlo. La direzione delle indagini è stata assunta dalla procura di Paola, diretta da Pierpaolo Bruni.
A Cetraro l’agguato ha destato particolare sconcerto perchè compiuto a ridosso del quarantaduesimo anniversario dell’omicidio del consigliere comunale comunista Giannino Losardo, uno dei martiri della lotta alla ‘ndrangheta in Calabria. La cittadina tirrenica, peraltro, ha subito negli ultimi due anni una escalation di azioni criminali. Nel marzo 2021 è stata crivellata di pallottole l’auto di un maresciallo dei carabinieri; nel dicembre successivo la vettura di un ristoratore; nell’estate dello stesso anno dato alle fiamme uno stabilimento balneare e, nelle scorse settimane, all’interno del porto incendiata la barca di un noto medico. Una situazione grave denunciata dal sindaco, Ermanno Cennamo.
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