Cosenza

Venerdì 22 Novembre 2024

Cosenza, assedio in Pronto soccorso: pazienti trasferiti

Pronto soccorso ospedale Annunziata di Cosenza

Il Covid è cambiato. Il caldo non lo rende più moribondo come in passato. Basta affacciarsi sulle cifre di questi giorni per comprendere la transizione avvenuta. E i numeri sono tornati a spaventare. Casi positivi in crescita esponenziale in tutta la Calabria con stime da considerare al ribasso perché condizionate dai test fai-da-te a domicilio (è probabile la contabilità ufficiale ignori plotoni di asintomatici e paucisintomatici che preferiscono tacere il contagio per evitare 7-10 giorni in regime di isolamento domiciliare con le temperature di questi giorni). Lo slancio è evidente e spinge l’epidemia dove non era mai stata prima in estate. Ma non sono i contagi a nutrire d’angoscia queste ore. Tutta l’attenzione è sui nostri ospedali che traboccano nuovamente di malati critici. L’“Annunziata” di Cosenza, da un paio di settimane, ha abbandonato i suoi connotati di grande ospedale in grado di gestire l’emergenza. Il virus sta spingendo malati di tutte le età sulle barelle e i lettini oltre quel confine disperato che è il Pronto soccorso (nella notte tra domenica e ieri c’erano ben 32 pazienti tra le stanze della degenza sporco-pulito e gli spazi per il triage e l’attesa del tampone). Nella prima linea dei servizi assistenziali dell’ospedale hub la vita resta aggrappata a fili insignificanti. Fili che intersecano quelli dell’esperienza e del coraggio di quei due medici per turno schierati a gestire l’assedio. Teoricamente, in media (naturalmente si tratta di un calcolo aritmetico perché le situazioni variano da un caso all’altro), ognuno di quei due medici in servizio avrebbe a disposizione 22 minuti e mezzo per prendere in carico il paziente, procedere all’anamnesi, effettuare la visita, stabilire gli accertamenti necessari, inviare le richieste ai vari reparti, aggiornare la cartella elettronica (ma ogni pagina va avanti solo se si riempiono determinati campi obbligatori), rischiare una diagnosi, stabilire la terapia più appropriata.

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