Una condanna definitiva. A nove anni di reclusione per un incredibile errore di persona. «Ho sparato l’ultimo colpo alla nuca... così mi avevano detto di fare»»: Adamo Bruno è il killer dell'uomo sbagliato. Il 21 luglio del 2004, a Paola, ha ammazzato con tre colpi di pistola calibro 9, Antonio Maiorano, 46 anni, operaio idraulico forestale. L’ha scambiato per un "uomo di rispetto" locale, Giuliano Serpa, che fino a pochi minuti prima dell'agguato si trovava seduto davanti allo stadio di Paola, nello stesso identico punto in cui è stato poi eliminato l'incolpevole operaio. Il racconto reso dal sicario a pagamento è agghiacciante e dimostra la cosiddetta “banalità del male”. Bruno originario di Firmo, sconosciuto alle forze di polizia, viene reclutato per compiere cinque omicidi. Il primo deve essere quello di Serpa. Il “pacchetto” completo gli sarà pagato con 30.000 euro: questo è l’accordo. Per la morte dell’uomo sbagliato ne incasserà subito 10.000, in contanti, sotto un ponte, come se nulla fosse. L’ha reclutato la cosca Scofano-Martello di Fuscaldo che si oppone ai Serpa di Paola. Ecco cosa confessa Adamo Bruno (gli atti sono stati prodotti dal pm antimafia Romano Gallo, della Dda di Catanzaro): «Il basista ci disse che Giuliano era seduto al centro... era seduto di fronte a questo stadio e c'era a fianco a lui una persona. Insomma lui era al centro che stava leggendo il giornale ed aveva gli occhiali da sole ed aveva i capelli bianchi i capelli brizzolati . Siamo passati davanti. Abbiamo constatato che fosse veramente cosi, siamo arrivati fino al bivio, ci siamo voltati all'incrocio, siamo tornati indietro. Al ritorno lui era ancora là... Arriviamo davanti alla vittima, che lui ci aveva segnalato insomma questa persona con i capelli brizzolati, gli occhiali da sole e stava leggendo il giornale seduto sopra una sedia. Arriviamo ... io sono saltato giù di scatto dalla moto e mi sono diretto verso la persona che credevo fosse Giuliano Serpa, ho esploso il primo colpo puntandogli la pistola al petto a distanza di due o tre metri, nel frattempo lui ha jncominciato a gridare dicendomi: “no, no, no!”». Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Cosenza