Quando decise di saltare il fosso, Giuliano Serpa raccontò ai magistrati tutto quello che sapeva sulle alleanze e le vendette dei clan del Tirreno. Dichiarazioni ritenute credibili dagli inquirenti e confluite anche nell’inchiesta che mercoledì ha portato all’arresto di quattro persone per gli omicidi di Luciano Martello e di Antonio Maiorano. Ci sono, infatti, anche stralci dei verbali di Giuliano Serpa nell’ordinanza di custodia cautelare a carico di Romolo Cascardo, 77 anni di Paola; Pietro Francesco Lofaro, 40 anni di Belvedere Marittimo; Luigi Berlingieri, 52 anni di Cosenza e Alessandro Pagano, 43 anni di Fuscaldo. I quattro sono accusati di concorso in omicidio per l’omicidio di Luciano Martello, avvenuto a Fuscaldo il 12 luglio del 2003, e di Antonio Maiorano commesso a Paola il 21 luglio del 2004. Il collaboratore Giuliano Serpa spiegò agli inquirenti che nel 2003, all'indomani della dissoluzione della federazione criminale, «gli schieramenti mafiosi nel Paolano erano i seguenti: il gruppo Mario Scofano-Luciano Martello con l’appoggio del cosentino Domenico Cicero detto Micuzzo, contro il clan Serpa, guidato da Pietro, Ulisse e Giuliano Serpa e Giancarlo Gravina alleato con i Bruni-Zingari di Cosenza e Franco Tundis e Pasquale Besaldo sulla costa, rispettivamente su Fuscaldo e Amantea». Ai carabinieri Giuliano Serpa riferì poi che Pietro Serpa «era collegato collegato con i Bruni» ed era diventato «un loro uomo». «Pietro – ha ribadito il collaboratore di giustizia – era diventato il capo, anche in virtù del sostegno dei Bruni, con i quali vantava un solido legame criminale. Poi, per ragioni legate al mancato rispetto degli accordi federativi e ad attriti personali fra i membri del sodalizio, aumentano le frizioni fino a portare all’esecuzione di attentati, il principale dei quali perpetrato ai danni di Luciano Martello». Giuliano Serpa ha fatto poi riferimento agli attentati ai danni di Luciano Martello: «Tra il 30 e il 31 marzo 2003, infatti, era collocata una bomba sotto la sua auto, che tuttavia non riusciva a eliminarlo perché si staccava dalla sua sede, mancando il bersaglio». Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Cosenza