La vita alle nostre latitudini è ridotta a uno scenario sottotono con pochi soldi e tanti sogni che fioriscono in una realtà da incubo. Dentro questa immensa provincia si moltiplicano le impronte di sofferenza, tracce emotive impastate di lacrime che si concentrano, ormai, in ogni casa. Di soldi ce ne sono sempre di meno. E quei pochi non bastano più neanche per far fronte ai debiti. Ci sono risme di bollette in attesa con risorse domestiche insufficienti. A volte manca tutto, persino il pane. Le sacche del disagio si sono dilatate perché i posti di lavoro (e i redditi) continuano a perdersi senza alcun ricambio. Nell’ultimo anno più di 34mila persone si sono rivolte alle strutture caritative convenzionate col Banco alimentare per ricevere beni di prima necessità. Sono persone senza volto, ripiegate su sé stesse, sembrano corpi di una vita che viaggia nella notte come in un romanzo disperato mentre le spese aumentano secondo il grafico di un’equazione dal risultato, ormai, scontato. Niente sarà più come prima per colpa di una crisi che ha spento le luci della speranza in questa nostra terra sempre più depressa e ferita dall’algoritmo politico che, negli ultimi anni, ha generato un’economia da cortile. La pandemia e la crisi bellica sono alibi perfetti per nascondere l’incapacità di pianificare azioni di sostegno che figurano puntualmente nelle agende elettorali. È così che un pezzo sempre più grande del Cosentino sta scivolando in fondo alla fila, senza più lavoro, senza più certezze. Tanta gente non ha più neppure un tetto sotto il quale dormire. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Cosenza