Viadotti sospesi, raccordi, gallerie, due grandi carreggiate, quattro corsie. Ruspe, betoniere, escavatori, montagne di ghiaia e di sabbia, travi d’acciaio, tiranti. E pali di cemento. Nel cantiere che s’allarga da Roseto Capo Spulico a Sibari si lavora anche di notte. Ma non è solo una base operativa è l’industria più grande che attualmente opera in Calabria con ben 472 dipendenti tra esterni e interni e un indotto complessivo di oltre mille persone. Mille famiglie, la maggior parte delle quali calabresi, che campano col pane della Statale 106. Trentotto chilometri di strada da ammodernare con un investimento complessivo da 1,3 miliardi di euro per cancellare definitivamente quell’etichetta di “Statale della morte”, una via di comunicazione ad alta sicurezza, senza più vittime, senza più tragedie.
L’ammodernamento
Il progetto è nelle mani del colosso delle costruzioni We build. L’amministratore delegato del gruppo, Salvatore Lieto, ha già annunciato la volontà di consegnare l’opera completata con sei mesi d’anticipo. Si guarda al 2026 come traguardo finale. Ai remi ci sono 20 ditte affidatarie di lavori speciali e 4 società di movimento terra. Nel tronco che piega verso Sibari sono stati già varati i viadotti Laghi e Saraceno. Adesso tocca al “Raganello” e al “Caldana”. Nel tratto più a Nord, quello che nasce dal raccordo di Roseto, la struttura geomorfologica ha richiesto maggiori premure e tecniche d’intervento con fondazioni a palificata. Le due gallerie naturali (una a Roseto e l’altra a Trebisacce) sono al 20% dei lavori nelle due canne. La Statale corre verso Sibari, ha fretta di arrivare. Il rischio, però, è quello di fermarsi lì perché Corigliano Rossano non s’è ancora espresso sulle alternative possibili al progetto dell’Anas.
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