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Cosenza, Pet affollata ma un malato su 5 arriva da fuori

Al “Mariano Santo” il 50% delle prestazioni erogate in Calabria ma l’aumento dell’utenza esterna spinge i cosentini alla mobilità extraregionale

La sanità in Calabria insegue il filo diretto di un pensiero che rimane sempre in bilico tra speranza e rassegnazione. Lo scenario è quello di patologie gravi e meno gravi che restano impigliate in liste d’attesa che faticano a transitare dalla cruna ristretta da tredici anni di commissariamento di cure e assistenza. Persino le diagnosi dei tumori hanno bisogno di più tempo. Negli ultimi tre mesi la coda per una prestazione Pet (tomografia a emissione di positroni), generalmente richiesta per malattie oncologiche, è raddoppiata. Adesso servono circa 45 giorni per ottenere il responso dalla medicina nucleare del “Mariano Santo”. Ma la fretta di conoscere la dimensione del male in tempi brevi spinge sempre più pazienti a spostarsi verso Napoli con il conseguente aumento dei costi a carico del sistema sanitario di casa nostra.

Distribuzione

La Medicina nucleare di Cosenza è una delle quattro che operano in Calabria. Le altre sono attive nell’Azienda ospedaliera “Bianchi-Malacrino-Morelli” di Reggio, nel policlinico “Mater Domini” e un’altra, mobile, nel “Pugliese-Ciaccio” di Catanzaro. Una dislocazione territoriale che avrebbe dovuto garantire l’accertamento diagnostico nei limiti previsti e secondo i piani del fabbisogno che valutano sufficiente una Pet ogni milione di abitanti. In base ai dati Sec-Sisr della Regione, riferiti al 2019, ai calabresi sono state erogate 8.300 prestazioni di tomografia con radiofarmaco in un anno. Di queste 4.500 sono state eseguite in uno dei quattro centri regionali, le altre 3.800 sono state erogate fuori dalla Calabria. Al “Mariano Santo” hanno ricevuto un referto diagnostico 2.200 pazienti. Gli altri 2.300 sono stati trattati tra Reggio e Catanzaro.

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