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Cosenza, il 118 a dieta e l’infermiere s’inventa... medico

Un solo dottore in servizio per ciascun turno sull’automedica gestita in collaborazione con i privati, sguarnite le ambulanze. Senza specialista pure gli interventi in “codice rosso” gestiti solo grazie all’aiuto dell’autista

La sanità in Calabria è una terra di mezzo che, goccia dopo goccia, va riempiendosi di ombre. Si taglia su tutto, si taglia per far sopravvivere un sistema che, così ridotto, non serve a nessuno. Il verbo economico, declinato ossessivamente da 13 anni, ha tratteggiato i confini di un disastro descritto da numeri impietosi di un’assistenza negata. La politica al risparmio ha provocato, inevitabilmente, mormorii inquieti che risalgono dai luoghi di cura, dagli ambulatori, dai laboratori di analisi. Non sono gli uomini a parlare, è la disperazione che si vive quotidianamente davanti all’impossibilità di ricevere convincenti ed immediate risposte sul proprio stato di salute.
Liste d’attesa troppo lunghe, Pronto soccorso sovraffollati, ambulanze del 118 che viaggiano senza medici a bordo, rappresentano la punta dell’iceberg delle criticità che pesano sulla qualità dei servizi offerti dai presidi della regione e con un’assistenza che ristagna ai confini dell’Italia. Inevitabile il crollo dei lea certificato, persino, dalla magistratura contabile.
Qui, da noi, purtroppo, ammalarsi è diventato un castigo, una maledizione. Solo una giovane mamma, residente in un piccolo centro nell’area urbana, può raccontare come funziona il servizio del 118 in questa nostra terra. Colpita da infarto in casa ha chiesto aiuto alla centrale operativa del servizio di emergenza-urgenza.

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