“Bonus”: una parola diventata familiare agli italiani. La ragione? Rappresenta l’opportunità di poter rimettere in piedi le abitazioni e di renderle più sicure. La misura economica è stata decisa in tempo di pandemia per ridare slancio all’economia. Un vecchio detto di manzionana memoria - “fatta la legge trovato l’inganno” – ci aiuta tuttavia a fare i conti con la realtà. Una realtà a volte amara come dimostra l’indagine sviluppata dagli investigatori del Centro regionale per la sicurezza cibernetica, guidato dal primo dirigente della polizia di Stato Mario Lanzaro. La vicenda emersa grazie ai controlli della Sezione operativa di Cosenza, coordinata dall’ispettore Fabio Ferraro, se non fosse vera sembrerebbe una barzelletta. Cosa hanno scoperto i poliziotti verificando i movimenti di denaro rilevabili sui conti correnti postali? Quattro persone, due residenti a Cosenza e le altre due a Paola, erano state beneficiarie di ingenti somme derivanti dall’accesso ai fondi del cosiddetto “bonus-sisma”. Gli investigatori mostrando una legittima curiosità hanno acquisito gli atti istruttori che avevano consentito ai beneficiari di ottenere il sostanzioso sostegno economico. E sono arrivate le sorprese: la realtà può susperare la fantasia e, in questo caso, è avvenuto per davvero. La realtà ha proprio sorpassato a gran velocità la fantasia. Già, perché i quattro avevano ottenuto i soldi per adeguare sismicamente le loro abitazioni senza che fossero proprietari di alcun immobile. Anzi, agli uffici preposti avevano trasmesso dati e particelle di stabili inesistenti. Di più: a corredo avevano pure prodotto fatture false e bonifici attestanti il pagamento fino a 250.000 delle spese avute per mettere in sicurezza i loro immobili.
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