L’allarme arriva dai giovani, soprattutto dagli adolescenti, che vivono le loro vite piene di vuoti in mezzo a coordinate confuse, senza un approdo preciso. Cercano tutto, per ottenere il niente perché hanno rinunciato a tutto, persino ai loro sogni. I nostri ragazzi corrono nel buio mettendo a rischio il loro futuro. È un fenomeno che si muove nelle chat di WhatsApp, nelle storie di Instagram, nei video postati su TikTok. Le loro esistenze seguono le rotte di like e repost, da un capo all’altro del variegato e indefinito mondo della rete. Ma nel Sud è diverso. Qui è sempre tutto più complicato perché lo Stato è più distante. Qui la povertà economica è spesso rafforzata dalla povertà educativa. L’evasione scolastica è diventata una rischiosa abitudine in molte case, soprattutto in quelle dove col pane manca la speranza. Nelle periferie sociali si consumano più facilmente le trasfusioni di vite con aule sempre più vuote e strade sempre più piene. E i comportamenti sono il frutto più pericoloso di questa trasformazione.
Sembrano tutti uguali, tutti stracotti, sempre connessi, con gli occhi vuoti appiccicati allo smartphone. I loro volti sono inespressivi, le loro teste modellate col gel. Indossano lo stesso abbigliamento, si fanno marchiare con gli stessi tatuaggi, e, soprattutto, parlano lo stesso incomprensibile linguaggio che diventa universale nei luoghi della movida dove si vive tra uno sprizzino e un drink. Un bere incontrollato che sfocia nello sballo.
Un copione applicato alla no stop del brunch della Vigilia di Natale, una maratona senza regole che ha messo a dura prova la capacità di risposta della rete sanitaria d’emergenza-urgenza con “118” e Pronto soccorso in affanno come ai tempi del Covid. Due le ambulanze sistemate tra via Arabia e piazza Cappello per fornire assistenza costante ai ragazzini più provati dalle “coccole” dell’alcol che danno l’illusione di poter fuggire lontano. Una ventina di giovani trattata sul posto dai sanitari dall’alba al tramonto. Un’altra dozzina in ospedale. Persino una tredicenne si è presentata con i segni del coma etilico. Fortunatamente, l’approccio con il personale sanitario è stato risolutivo. Ma sarà sempre così?
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