C’è un rischio che si corre quando si parla di sanità in Calabria. Il rischio di non riuscire a spiegare bene l’inferno dei nostri ospedali. Non è facile far capire perché medici e infermieri siano ostaggio di un sistema bigotto che, in tredici anni, ha trasformato i servizi assistenziali in una bolgia senza senso. Non è facile ragionare sul perché entrare nelle corsie, in nessuna corsia, è impossibile perché tra tagli di personale e di posti letto, il varco d’ingresso è stato ridotto a una cruna che distilla lentamente. È ciò accade da quando la sanità ha smesso di dedicarsi alle cure dei cittadini, per occuparsi di conti e di denari. E così monta la sofferenza di chi sta male. Un dolore che s’avverte più che altrove nei Pronto soccorso dove restano prigioniere vite ammassate in locali ristretti. All’“Annunziata”, dal primo gennaio, saranno contrattualizzati, sia pure solo a tempo determinato, 15 infermieri (ma 3 già prestano servizio in ospedale con contratto in scadenza), utilizzando una graduatoria di Reggio Calabria. La metà dei rinforzi è destinata proprio alla prima linea per consentire l’apertura della degenza in Obi. Un provvedimento col quale il commissario, Vitaliano De Salazar, intende alleviare l’emergenza. Per risolverla, invece, servirà ben altro. Proprio in questi giorni, infatti, si apriranno nuove falle nell’organico dei medici. In due (ma ce ne sarebbe anche un terzo con le valigie in mano) si preparano a trasferirsi in altri ospedali. Il primario Pietro Scrivano sa bene che non esiste soluzione all’equazione indefinita dei medici in fuga. Tra qualche giorno risponderanno al suo appello solo in cinque, un quarto della forza prevista in pianta organica. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Cosenza