L’assistenza sanitaria è un concatenarsi di eventi che si infiltrano nelle nostre vite che sono, quotidianamente, costretti a misurarsi con un susseguirsi di trame, di storie che fermentano dentro altre storie. Vicende che raccontano sofferenza, lotta, dolore per la malattia e gioia per una guarigione. Un mondo che nel Cosentino accumula pazienti in coda per tutto, traccia le scie di un sistema che sembra rotolare verso il bordo più rischioso. I Pronto soccorso dell’“Annunziata” e degli spoke di Corigliano Rossano, Castrovillari e Paola-Cetraro sono stati trasformati in scaffali dove si ammassano a vista corpi come merci tra lamenti, gemiti di sofferenza e dolore. La prima linea dell’ospedale hub resta aperta ai “codici rossi”, tutte le altre emergenze finiscono nei presidi territoriali. Ma l’accesso ai servizi assistenziali non è semplice, non lo è, soprattutto, in periferia dove la cruna si fa ancora più stretta. Ieri mattina, intorno alle 11, l’ambulanza del 118 dell’Unical (non medicalizzata) è stata spedita in soccorso di una donna nella Valle dell’Esaro per l’indisponibilità della Guardia medica più vicina. La paziente è stata stabilizzata dall’infermiere soccorritore e trasportata all’ospedale “Ferrari” di Castrovillari. Ma, tra triage e carenza di barelle, non è stato semplice entrare in Pronto soccorso: l’ambulanza ha completato la sua missione dopo circa quattro ore. Ma quella della Valle dell’Esaro non è l’unico casio di black-out nella continuità assistenziale. Era già successo ad Amendolara, ad esempio, dove la postazione è rimasta chiusa a Capodanno per mancanza di un medico. A Natale, invece, a Morano, la giovane dottoressa in servizio ha trovato il telefono della postazione muto e si è dovuta affidare ai carabinieri che hanno collaborato raccogliendo le segnalazioni al 112 e girandole al professionista di turno. È la radiografia di una sanità in cerotti e stampelle che viene mostrata ai calabresi da oltre tredici anni. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Cosenza