«Dopo quattro mesi di duro lavoro a spaccare, caricare e trasportare legna, mi hanno pagato con 50 euro e una ricarica telefonica. Protestare? E con quale forza? Ho preso quel poco che mi è stato dato e mi sono allontanato, venendo qui e sperando d’incontrare persone più oneste. Ora mi consigliano di spostarmi in Sila, ma come ci vado e dove dormo… Sino a quando troverò un lavoro vivo in qualche modo qua dentro». George (nome di fantasia) è un uomo di nazionalità romena che come molti altri sopravvive ai margini della città. Dà un volto e due mani alla quotidianità di tanti sfruttati non da caporali ma da criminali della porta accanto, “imprenditori” con la faccia pulita e le mani sporche. Il suo opera in uno dei tanti boschi della Calabria meridionale. Assieme a un connazionale ha trovato un tetto (e nient’altro) in un palazzo abbandonato a due passi dal Crati. Racconta di avere quarantacinque anni ma ne dimostra almeno quindici in più. Colpa della fatica e delle sofferenze, anche se riesce a mantenere il sorriso e la speranza, figlie dell’ottimismo della necessità oltre che della volontà. «Sono nonno, in Romania ho due nipotini bellissimi e se resto qui è per loro». Lo racconta ai volontari dell’Unità di strada della Caritas diocesana che almeno due volte a settimane girano per l’area urbana raggiungendo George e tanti altri come lui. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Calabria