«Paola è una città di gente cresciuta a pane e sangue. Di gente che non vedeva l’ora di annusare la canna del fucile con cui aveva sparato». Parole pronunciate dal pubblico ministero in una delle requisitorie di Tela del Ragno.
Dall’operazione principale, scattata all’alba del 30 marzo 2012, sono passati undici anni. Qualcuno nel frattempo dopo il carcere è tornato a piede libero, qualcun altro dopo aver annusato il profumo della libertà è tornato tra le sbarre. In carcere invece c’è morto Mario Serpa, l’ex boss, che dall’ultima inchiesta ne era uscito pulito. Uno strano scherzo del destino.
Un libro insanguinato che ha interessato per mezzo secolo la città di Paola e che non è ancora chiuso. La Dda ha aperto un nuovo capitolo a luglio dello scorso anno incriminando altre quattro persone.
Tra i primi a finire in cella negli anni di piombo era stato Mario Serpa per aver ammazzato l’imprenditore Luigi Gravina. Un innocente. Ed un innocente era anche Tonino Maiorano: l’operaio forestale fu scambiato per la sua somiglianza all’ex boss Giuliano Serpa. Per il delitto pagano Gennaro Ditto (ergastolo), Michele Bloise (ergastolo), Pietro Sebastiano Vicchio (30 anni), Antonio Ditto (21 anni), Carmela Gioffrè (21 anni), Maurizio Giordano e Adamo Bruno (9 anni ad entrambi i collaboratori di giustizia). In abbreviato sono stati inflitti invece 30 anni a Mario Martello.
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