Il posto sbagliato. Una sedia di plastica di colore bianco che gli operai forestali, pronti ad andare a lavoro, si contendono: è collocata a pochi passi dal campo sportivo di Paola. Appoggiato al bracciolo un giornale - Gazzetta del Sud - comprato all’aba in edicola. Il quotidiano passa di mano in mano per essere sfogliato. Giuliano Serpa, capelli brizzolati, altezza media, boss in ascesa dell’omonima famiglia, si accomoda, dà una veloce lettura al giornale e poi si rialza. Qualcuno osserva la scena da lontano e avverte due killer che sono in sella a una moto. Poi si sposta e non s’accorge che l’operaio forestale Antonio Maiorano, pure lui brizzolato e di altezza media, s’è sistemato sulla sedia al posto dell’aspirante padrino. Così, quando il sicario prezzolato arriva per assassinare Serpa uccide un perfetto innocente. Spara Adamo Bruno, originario di Firmo, dando pure il colpo di grazia all’incolpevole Maiorano. L’uomo, vinto dal rimorso, deciderà successivamente di collaborare con la magistratura: verrà giudicato e condannato a 9 anni di reclusione, godendo dei benefici accordati ai pentiti. Bruno parlerà dei complici e farà ritrovare delle armi. I presunti corresponsabili del delitto verranno incriminati dal pm antimafia Romano Gallo nel luglio dello scorso anno. Si tratta di Romolo Cascardo, 77 anni di Paola; Pietro Francesco Lofaro, 40 anni di Belvedere Marittimo e Alessandro Pagano, 43 anni di Fuscaldo ma residente in Svizzera. Alessandro Pagano partecipò alla «pianificazione esecutiva del delitto, fornendo informazioni agli esecutori materiali sul posizionamento della vera mancata vittima predestinata e contribuendo pure al successivo pagamento del prezzo del delitto al sicario». Pietro Lofaro avrebbe invece partecipato alla fase deliberativa dell’omicidio fornendo supporto logistico-operativo al gruppo, ad esempio coadiuvando Bruno e Vicchio nei loro spostamenti nonché custodendo e consegnando le armi. Cascardo, invece, avrebbe partecipato alla fase deliberativa e di pianificazione esecutiva del delitto, nonché procurando le armi utilizzate e consegnando poi il corrispettivo ai due esecutori materiali (10.000 euro circa). Le indagini nei loro confronti sono state adesso formalmente chiuse. LoFaro, però, difeso dall’avvocato Sabrina Mannarino, ha ottenuto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza con cui il Tdl di Catanzaro aveva confermato l’arresto disposto dal gip di Catanzaro, Antonella De Simone. I tre rischiano comunque il rinvio a giudizio. Il racconto della esecuzione dell’«uomo sbagliato» fatta da Adamo Bruno al magistrato inquirente è agghiacciante: «Il basista ci disse che Giuliano era seduto al centro .,. era seduto di fronte a questo stadio e c'era a fianco a lui una persona. Insomma lui era al centro che stava leggendo il giornale ed aveva gli occhiali da sole ed aveva i capelli bianchi i capelli brizzolati . Siamo passati davanti. Abbiamo constatato che fosse veramente cosi, siamo arrivati fino al bivio, ci siamo voltati all'incrocio, siamo tornati indietro. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Cosenza