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Covid a Cosenza, i reparti “respirano”. Sgombra la Rianimazione

Una cicatrice rimossa. E, poi, una manciata di nuovi casi inseriti in un bollettino in via di decomposizione. È tutto ciò che resta del Covid dopo tre anni. Numeri, ormai, senza sentimento. Una narrazione diversa, nei margini, nelle forme, nella semantica. Eppure, il virus è sempre lo stesso, è quello che, per oltre un biennio, ci ha maltrattati nel corpo e occupato i nostri pensieri. Una peste silenziosa che ha spalancato pericolose faglie nei nostri ospedali, che ha nutrito le statistiche dei decessi, che ha messo in fila migliaia di persone per vaccinarsi contro quella fame d’aria che era diventata la causa di un lungo isolamento a casa o, ancora peggio, nell’inferno del Pronto soccorso. Paura, una tenace ossessione germogliata in mezzo a lockdown e divieti. Per oltre un biennio, la pianta mozza della vita è sembrata sfumare. In tutto questo tempo abbiamo imparato a riconoscere la forza bruta del virus e a sterilizzarne gli effetti grazie anche agli sforzi compiuti dalla scienza. Vaccini, mascherine e distanziamento si sono rivelate armi efficaci. E dopo tre anni, si preferisce far finta di nulla, si evita persino il tampone ufficiale per evitare il “confino”. Uno scenario modificato dal tempo e dalla necessità di ricominciare a vivere in libertà. Si fatica ancora a rimettere in fila tutti gli incubi di quei giorni. Paure che cominciarono quando il male portò la morte. Il primo ad arrendersi al nuovo male nel Cosentino fu un informatore scientifico. Se ne andò stremato, di sera, nel reparto di Rianimazione dell’“Annunziata”, dopo aver lottato per quasi due settimane contro quel morbo che gli aveva disseccato i polmoni. Il Covid era appena arrivato e l’Italia era già in lockdown da dieci giorni. Ma quel 19 marzo del 2020 cambiò brutalmente la storia di questa terra che precipitò all’improvviso nell’abisso della paura. In questi tre anni il microrganismo non ha smesso di scorticare la pelle di Cosenza e della sua sterminata provincia portando il numero delle vittime (di, per o con il) Covid a quota 1.494.

Il confronto

I connotati del virus sono cambiati e anche la paura è sparita. Persino la sua violenza sembra impalpabile. Non è più vorace anche se nel bollettino dell’Asp anche ieri si è registrato un nuovo ingresso in ospedale. Complessivamente, i ricoverati con Covid sono adesso 57, e tutti seguiti nei reparti ordinari. La Rianimazione è libera. Un anno fa (esattamente il 13 febbraio del 2022), invece, i servizi assistenziali risultavano sotto pressione con 12 pazienti in Terapia intensiva e 135 negli altri reparti. E con l’occupazione degli ospedali è crollato anche il numero di persone in isolamento domiciliare. Dodici mesi fa, nel bollettino, l’Asp ne riportava ben 11.355. Il dato del 13 febbraio 2023 limita i contagiati a casa in appena 443 unità. Del resto, il crollo degli indici che misurano la diffusione del contagio rivela una presenza sempre più sfumata. Nelle ultime 24 ore sono stati lavorati solo 450 tamponi con un tasso di positività del 4,67% che certifica la bassa circolazione virale.

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