Per conoscere il dolore da vicino bisogna ascoltare il lamento di una giovane mamma che prima ha allattato il suo bimbo e dopo un paio d’ore lo ha ritrovato in fin di vita nella sua culletta. La donna ha provato a chiedere disperatamente aiuto telefonando al 118, ai carabinieri, a chiunque fosse in grado di darle una mano. L’ambulanza è arrivata dall’Unical in una manciata di minuti, i carabinieri pure. Un medico e un infermiere si sono avvicinati a quel corpicino immobile con quella testolina incantevole chinata su un lato e con gli occhietti già sbarrati. I due hanno provato ripetutamente a riattivare quel cuoricino che non batteva più. Ci hanno tentato con la respirazione, col massaggio, con la disperazione. Tutto inutile. La donna ha fissato gli occhi lucidi dei sanitari ed è scoppiata in un pianto ininterrotto. Non è semplice sopravvivere alla morte di un figlio, una morte inattesa, improvvisa, devastante. Una morte arrivata ad appena 22 giorni dalla nascita. Il suo arrivo aveva rallegrato l’abitazione dei genitori in via Gergeri, uno squarcio di felicità in mezzo alle difficoltà quotidiane che si vivono in ogni casa. Ieri mattina, intorno alle 7,30, il piccolo, come faceva sempre, ha reclamato la sua poppata. Si è nutrito con la solita avidità e si è riaddormentato. La mamma lo ha coccolato prima di rimetterlo nella culla per la nanna. Sembrava tranquillo e soddisfatto di essersi nutrito con latte e carezze. E, proprio mentre sognava, il piccolo è stato sopraffatto dalla Sids, che è l’acronimo che indica la morte improvvisa e inspiegabile del lattante. Un epilogo doloroso che, purtroppo, è assai frequente tra i bambini tra uno e cinque mesi d’età. In Italia si contano un caso su duemila. E si verifica proprio durante il sonno e in bambini apparentemente sani. Una tragica fatalità che ha sconvolto, inevitabilmente, la tranquillità di una famiglia operosa.