Il racconto di Tiziana Mirabelli non convince. E il gip, Alfredo Cosenza, lo scrive senza tentennamenti nell’ordinanza con cui ha disposto la detenzione in carcere della donna. La quarantasettenne è reo confessa dell’omicidio del pensionato Rocco Gioffrè. La vittima, 75 anni, è stata massacrata con 37 coltellate il giorno di San Valentino in una palazzina di via Montegrappa. La donna si è costituita ai carabinieri del maggiore Antonio Quarta dopo sei giorni. Il caso presenta una serie di anomalie e punti oscuri: non è stata trovata l’arma del delitto; la cassaforte della vittima è stata “ripulita”, il cellulare, le chiavi e il portafogli di Gioffrè sono spariti. La versione dei fatti resa dalla indagata (difesa dall’avv. Cristian Cristiano) non ha convinto neppure il procuratore capo Mario Spagnuolo e il pm Maria Luigi D’Andrea. Il gip Cosenza sottolinea: «Può sin d’ora premettersi come la ricostruzione operata dalla donna, in sede di interrogatorio dinanzi al p.m., confermata anche dinanzi questo giudice in sede di interrogatorio di garanzia, intesa a dare del delitto una spiegazione in termini di esercizio di legittima difesa appare, sulla base degli atti, priva di riscontri oltre che non aliena da tratti di inverosimiglianza. La ricostruzione dei fatti così come esposta dall’indagata nel corso dell’udienza di convalida,» aggiunge il magistrato « non appare convincente, evidenziando anzi aspetti di inverosimiglianza. Appaiono, in primo luogo, non compatibili con la riferita necessità di difendersi le modalità della condotta posta in essere dalla Mirabelli Tiziana così come descritta dalla stessa. In primo luogo, infatti, il numero delle coltellate inferte, superiori a una, come ha dichiarato la stessa indagata, non appare compatibile con la volontà di difendersi così come le modalità con cui la stessa azione difensiva si è svolta secondo il racconto reso dalla stessa». Ma cosa ha riferito la quarantassettenne? Ecco uno stralcio della confessione: «Voglio precisare che dopo la prima coltellata inferta a Rocco, lui è caduto a terra ed il coltello è uscito dallo stomaco ed io l'ho raccolto, per poi difendermi successivamente e gli ho inferto altre coltellate sul corpo.» La Mirabelli ha pure precisato di avere continuato a colpirlo anche dopo che l’uomo era caduto in terra. Sottolinea il Gip: «Appare evidente, allora, come non possa ritenersi compatibile con l'intento di sfuggire al suo aggressore, una condotta lesiva pervicacemente condotta anche dopo che l’uomo era caduto in terra, anche ipotizzando una sorta di “raptus difensivo”. La condotta descritta appare, piuttosto, espressione di singolare aggressività e ferocia, tanto che l’azione violenta continuava anche dopo che l’uomo era in terra e, quindi, impossibilitato a offendere». Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Cosenza