Un simbolo dello Stato. Sergio Cosmai, assassinato il 12 marzo del 1985, era il direttore del carcere cittadino. Uomo colto, intelligente, ligio al dovere, estraneo a combriccole politiche e di potere, venne a Cosenza per rimettere a posto il mondo carcerario. Il penitenziario bruzio era nelle mani delle cosche mafiose che insanguinavano la provincia e somigliava davvero tanto al “Poggioreale” dominato a Napoli da Raffaele Cutolo. Cosmai, sordo alle cooptazioni nei sistemi locali di potere e avulso da contesti che non fossero quelli esclusivamente lavorativi, applicò la legge senza “preferenze” e “favoritismi”. La sua dirittura morale fini con il cozzare con consolidate consuetudini diventando in certi ambienti insopportabile. Per assassinarlo vennero scelti quattro “picciotti” in cerca di spazio e di potere, i fratelli Dario e Nicola Notargiacomo e Stefano e Giuseppe Bartolomeo. La squadra mobile, diretta all’epoca da Nicola Calipari, li individuò e arrestò nei mesi successivi: i quattro finirono a giudizio e vennero condannati all’ergastolo in primo grado. In appello, però, incassarono una discussa assoluzione e la fecero franca. Nel 1986, a Brancaleone, venne assassinato pure il braccio destro di Cosma, il maresciallo della polizia penitenziaria, Filippo Salsone. L’ordine di ucciderlo partì dalle cosche bruzie - il sottufficiale nel frattempo era stato trasferito per ragioni di sicurezza nel Reggino - ed eseguito da killer mai identificati della locride. Oggi Sergio Cosmai sarà ricordato con una cerimonia solenne che si svolgerà nel penitenziario che porta il suo nome e con una iniziativa pubblica nella sede del consiglio comunale. Sarà presente la moglie, Tiziana Palazzo, che non ha mai smesso di chiedere giustizia per il marito. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Cosenza