La storia, eccola. La storia è quella narrata dai numeri e, in fondo, quelli hanno sempre ragione. L’imprenditoria, piccola, media, di genere, giovanile, tutta l’imprenditoria vive con ansia il passaggio nel campo minato di una delle crisi più complesse del ventunesimo secolo. Uno scenario negativo che spinge le attività produttive verso l’abisso. Lo scenario è quello definito dall’Ufficio studi di Confartigianato in un report che accende i riflettori sulle attività al femminile. Quote rosa ancora poco determinanti nelle produzioni 2022 di Cosenza e provincia con 16.243 insediamenti a referto che costituiscono il 23,6% del totale (poco meno di una su quattro). Una densità che vale appena il quarantatreesimo posto nella scala nazionale. Rispetto al 2021 si sono persi 72 presidi (con una contrazione di -0,4%) a conduzione femminile. Per quanto riguarda le imprese artigiane, nel 2022 in tutto il Cosentino ne risultavano in attività 2.093, con 10 ditte in meno rispetto al 2021 e il 60 posto nazionale. Grafici che non ricostruiscono un profilo migliore rispetto al quadro delineato dall’imprenditoria generale in rosa.
Lo choc pandemico
L’impronta del Covid è rimasta sulla pelle di un tessuto imprenditoriale sempre più fragile. La sua violenza impetuosa ha lasciato macerie sociali come la rassegnazione, la solitudine, e quel senso di impotenza sul lavoro indipendente. Un crollo che è stato più marcato proprio tra le realtà condotte da donne. Sia tra le imprese che tra gli occupati come evidenziato dallo studio “Femminile, imprese di valore” presentato nei giorni scorsi a Roma, da Enrico Quintavalle, responsabile dell’Ufficio studi di Confartigianato imprese. Un report che rivela un default di lavoratrici con un -10,2% in tutta la Calabria, valore che ricalca l’andamento provinciale. L’unica consolazione è che nel 2022 l’emorragia appare ridotta con un dato generale del -7,6%, pur se rappresenta la performance peggiore a livello nazionale.
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