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Droga ed estorsioni a Cosenza, Danilo Turboli svela i segreti del boss Porcaro

Quella tangente per l’Oktober fest a Rende

Danilo Turboli

Aveva guadagnato la stima del boss salendo a uno a uno i gradini del cursus (dis)honorem del crimine organizzato bruzio, Danilo Turboli. Il ventottenne, che nei mesi scorsi è passato dall’altra parte della staccionata era – per quel che sta raccontando ai magistrati della Dda di Catanzaro – un fedelissimo del mammasantissima Roberto Porcaro. All’inizio della sua carriera s’era distinto qua e là in piccoli “lavoretti” al servizio delle ’ndrine, ma la svolta arrivò – da quanto emerge dai verbali dell’interrogatorio – dopo una breve esperienza carceraria. Sarebbe stato stato Roberto Porcaro in persona, che all’epoca dei fatti abitava (era ai domiciliari) nello stesso stabile del ventottenne, ad avvicinarlo e chiedergli se voleva collaborare nell’attività criminale del clan. Una collaborazione che – ha sottolineato Turboli ripetendo ai magistrati antimafia le parole di Roberto Porcaro – gli avrebbe «consentito di guadagnare qualcosa». Una proposta allettante, al di là dei soldi che avrebbe messo in tasca, e irripetibile per un ventenne cresciuto in un quartiere ad alto rischio e per di più, visti i trascorsi, nel mito di “gomorra”.
I primi tempi, quelli successivi al reclutamento, non gli sarebbero stati affidati compiti molto complessi. «Nelle prime fasi della collaborazione con Porcaro – racconta – mi occupavo di recuperare i proventi dello spaccio della droga e delle estorsioni».

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