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Cosenza nella morsa della povertà. Intanto Pasqua si avvicina

La Settimana Santa comincia in mezzo al disagio sociale che vive il Cosentino tra crisi e disoccupazione. Crescono le file quotidiane davanti agli sportelli del Banco alimentare e della Caritas. A gennaio l’Inps ha erogato reddito o pensione di cittadinanza in aiuto di 61mila persone

L’alba della Settimana Santa sorge su un mondo in pericolo, sconvolto dalla fame, sporcato dall’odio di una guerra che covava da anni sotto la cenere delle tensioni politiche internazionale. Cristo s’incammina verso la Croce in mezzo alle macerie dei corpi straziati e delle città sventrate, con milioni di sopravvissuti che hanno lasciato il fronte in cerca di accoglienza. Quelle due nazioni “sorelle” si combattono mentre altri governi continuano a soffiare sul fuoco della violenza, alimentando la pericolosa rissa mondiale con aiuti militari che rischiano di spingere l’umanità, già provata da due anni di pandemia, verso una apocalisse nucleare. Da un anno, in ogni chiesa, si prega per la pace. Cristo che si prepara a morire e, poi, a risorgere, è testimone della vita eterna, la vita dopo la morte terrena. Un miracolo sottolineato nei giorni scorsi, dall’arcivescovo Giovanni Checchinato, che ha guidato la Via Crucis per studenti e docenti all’Unical. «Il Vangelo è una realtà che attraversa la nostra storia. Alla quale noi abbiamo necessità, come credenti, di guardare. E non di guardare da spettatori. Una storia di cui ci dobbiamo far carico. Perché noi sappiamo che la morte di Gesù non è l’ultima parola. Ma dietro il mistero della morte, della sofferenza del dolore, c’è il paradosso della Risurrezione. Ciò significa che l’ultima parola, per la nostra umanità, è una parola di pace e di speranza. La speranza nella vita eterna».

Crisi

I venti di guerra sono diventati una superba turbolenza per la nostra civiltà e l’incubo della povertà non è più soltanto una possibilità all’interno di un algoritmo finanziario inquieto. Gli effetti del conflitto e delle speculazioni screpolano le cicatrici ancora vive lasciate dal passaggio del Covid con lockdown intermittenti che hanno finito per spegnere tante attività e lasciare senza pane un numero ancora imprecisato di famiglie. La crisi delle produzioni rischia di trascinare il Sud del Sud dell’Italia in una vertigine di paura. Le attività di piccole e medie imprese, da un anno, si muovono contromano all’interno dei diagrammi che descrivono gli impulsi indotti da un mercato nuovamente impregnato di negatività. E non è stato solo l’effetto dei rincari dei prodotti energetici a condizionare le vendite ma si è verificata una commercializzazione che ha risentito della paralisi delle materie prime con difficoltà evidenti nel settore delle trasformazioni dell’agroindustria, una delle quote più importanti del comparto produttivo regionale.

Povertà

I segni dei tempi sono dentro uomini, donne, bambini e anziani esausti, sfibrati e sciupati dalla fame. Le code si allungano ogni giorno davanti agli sportelli della Caritas e del Banco alimentare. La disoccupazione e i rincari rischiarano gli abissi delle nuove periferie sociali in città e nel resto della regione. In tutta la Calabria ben 530mila persone hanno manifestato lo stato d’indigenza. Nel Cosentino in 34mila soffrono la fame e si sono rivolti al Banco alimentare. Secondo l’Inps, le famiglie che nel Cosentino, a gennaio, hanno ricevuto il reddito o la pensione di cittadinanza sono, complessivamente, 29.074, mentre le persone coinvolte sono, in tutto, 61.007. Ma le sacche reali dell’indigenza sono più consistenti. C’è tanta gente che non sa più come fare. Non esiste un censimento ufficiale, non ci sono stime, ma il pianto dei deboli è diventato lamento di massa. L’odore della fame lievita nell’aria, entra nelle case dove la gente non sa più come fare. Persino curarsi è diventato un problema, spesso per rinunciare al pane si è costretti a rinunciare alle cure. Cosenza sta scoprendo che non esiste pudore, non c’è più vergogna davanti alla fame.

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