La crisi ci sta abituando a un sentimento assoluto come la sofferenza. Una sofferenza che è fatta di pensieri negativi, pensieri che corrompono le vite e si riempiono di dolore e paura. Vite che precipitano improvvisamente nei dirupi della povertà, in mezzo al groviglio di tensioni burrascose che soffiano come venti impetuosi nelle case di chi ha perso il lavoro e non riesce più a portare in tavola il pane tutti i giorni. Tutto il meridione arranca, la povertà sta spegnendo i suoi colori ed è tornato ad aleggiare lo spettro dell’emigrazione. Nell’ultimo rapporto, lo Svimez ha acceso i riflettori proprio sulla Calabria pestata violentemente dall’inflazione che, nonostante, la frenata di marzo (ispirata dalla flessione dei prezzi dei beni energetici) continua a determinare dinamiche di crescita in calo. E così, nella regione sono diventate 800mila le persone che camminano sul bordo dell’indigenza, su una popolazione di 1.841.300 abitanti, e cioè il 43,45% dei residenti. Una drammatica percezione che trova, tuttavia, conferme anche nei dati del rapporto sui divari territoriali dell’Istat. Numeri che mostrano un cuore produttivo incapace di pompare sangue, rifugiandosi dentro il labirinto di speranza da cui, poi, non è facile uscire. Grafici allarmanti. Dentro la città si scorgono timide impronte. Sono tracce emotive impastate di lacrime che si concentrano, soprattutto, davanti alle sedi del Banco alimentare e della Caritas. In tanti bussano direttamente alle parrocchie in cerca di un un pezzo di pane o di una mano per pagare qualche bolletta. Non sanno più come fare. Le luci della speranza si spengono in fretta dentro le abitazioni di questa nostra terra sempre più depressa e ferita da un’economia da cortile. La storia è inevitabilmente proiettata nel futuro, ma, adesso, qui, nel Sud del Sud dell’Italia vorrebbero tutti lasciare questo futuro per tornare indietro nel passato. Del resto, la stagnazione delle imprese che faticano a restare a galla proietta la realtà dentro un domani senza speranze. E la principale risorsa prodotta dal declino imprenditoriale è la disoccupazione. Il tasso generale (25-64 anni) è al 21,9% con tendenza al rialzo (nel resto del paese si ferma al 13,1%. Per i giovani è sempre più difficile trovare uno sbocco occupazionale. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Cosenza