Le cicatrici sono ancora vive nei fianchi degli ospedali del Cosentino, sconvolti e sottosopra dopo tredici anni di commissariamento, gli ultimi due dei quali vissuti sotto il drammatico assedio della pandemia. Stimmate che si notano dentro ogni struttura dove si continua a vivere drammaticamente l’emergenza della mancanza di letti disponibili con reparti che restano “chiusi” per mancanza di medici. Dal Pollino allo Stretto si vive la crisi dei posti nelle corsie col personale sfinito dalla fatica e gli occhi che si riempiono di ombre. I crateri provocati dal mancato turnover sono evidenti nei Pronto soccorso dove il pochi “camici bianchi” visitano, refertano, provano a curare tutti, anche i casi più semplici, quelli che non avrebbero dovuto neanche varcare la porta della prima linea dell’ospedale. Le aree di emergenza-urgenza sono ridotte a trincee con gente ammassata anche nei corridoi in attesa di una diagnosi o di un eventuale ricovero in reparto che può arrivare anche a distanza di giorni. Un dramma vissuto in tutta la rete del Cosentino dove l’assenza di strutture filtro sul territorio finisce, inevitabilmente, per spingere chi è alle prese con un problema di salute verso gli ospedali. Un abuso di prestazioni che fiacca la capacità di risposta di spoke e hub.
Emergenza nell’Asp
L’area di emergenza-urgenza resta una pietra d’inciampo per quasi tutti i servizi assistenziali del territorio. Il capo dell’area sanitaria dell’Asp, Martino Rizzo, conferma le attuali difficoltà nei Pronto soccorso di competenza: «La pressione sul personale non si attenua. Medici e infermieri di emergenza-urgenza continuano a lavorare con turni estenuanti, con riposi e ferie a rischio. Parlo, in particolare, di ciò che accade al personale in servizio nelle prime linee degli ospedali di Rossano, Trebisacce, Paola e Cetraro. Ma negli altri presidi le cose non vanno meglio». L’assedio quotidiano ha trasformato tutti i Pronto soccorso, a prescindere dalla latitudine in ambienti di ricovero inadeguati e insicuri. Una realtà che, tuttavia, non è solo calabrese, ed è il risultato dei tagli di posti letto e di personale effettuati in tutti gli ospedali pubblici, del nord, del centro e del sud del paese, che rappresenta il solo fattore in grado di unificare il Servizio sanitario nazionale. Secondo Rizzo il personale continua a ridursi «perché è andato in pensione o è stato assegnato ad un incarico diverso. Oppure ha preferito dimettersi per trasferirsi altrove. Noi stiamo cercando di acquisire nuovi medici attraverso il bando. Inizialmente, avevamo previsto 8 posti per i reparti di emergenza-urgenza. Ma con le uscite recenti, il fabbisogno minimo di personale è salito almeno altre 10-12 unità. È una necessità impellente, anche in vista delle prossime ferie estive».
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