Paola, il Covid mandò in crisi lo spaccio di droga: il clan Calabria-Tundis subissato di richieste
Cocaina, marijuana e hascisc diventavano mozzarelle, funghi e vino per tentare di eludere le intercettazioni ambientali. Ma ai Carabinieri non sfuggono i linguaggi criptati. Gli specialisti dell’Arma ascoltano e trascrivono tutto. La droga serviva ai consumatori, nei primi mesi del periodo del Covid, come il pane. Uomini e donne che erano rimasti a causa della pandemia al lumicino, e che “sbroccano” perché hanno ormai finito le scorte. Si lamentano che sono a secco e premono per avere al più presto i rifornimenti. Gli inquirenti li ascoltano. Beccano i pusher che parlano ai cellulari nel periodo dell’emergenza sanitaria. Siamo nei mesi in cui scattano i divieti e le uscite sono razionate, giustificate soltanto per le necessità. Ma la droga è urgente, e i consumatori non ne possono fare a meno. Le cellule del clan rimpinguano i granai e una volta riforniti provvedono a smerciare la droga alla Paola bene. Le intercettazioni “incastrano” anche medici e imprenditori che hanno fame di cocaina. Professionisti col vizietto. «Dobbiamo andare, dobbiamo andare dal dottore. Sono seicento». È nel periodo dell’emergenza sanitaria che i cellulari squillano con più frequenza. Complici forse la limitazione dei rapporti e l’esigenza di approvvigionarsi al più presto. «Sono in mezzo al mare da quattro giorni», riferisce una cliente a un abituale fornitore. «Ma come siamo messi a medicina»? Si domanda la donna. «Il fornitore è ancora in attesa di notizie dal “dottore”. Domani arriverà la terapia nuova che servirà a curare cinque denti». E la droga puntuale arriverà poi a destinazione. Nel fiume di intercettazioni finiscono anche i riferimenti ai pagamenti che devono essere intascati dai consumatori. Clienti morosi che ritardano le somme da versare e pusher che li sollecitano a saldare i conti. Somme che vanno dai 700 ai 2.300 euro. Cocaina, marijuana e hascisc continueranno a scorrere anche nei mesi a venire. Per un’esigenza che è figlia dei tempi e dei vizi diffusi di gente che ha la necessità dello sballo. Ma la droga dove arrivava? Oltre che da Cosenza (cocaina) anche da Cetraro (marijuana). L’erba- ad esempio - veniva coltivata da soggetti (Michele Iannelli) vicini storicamente alla cosca di Franco Muto. La base che fungeva da laboratorio era la casa di Pietro Calabria – e anche quella di Giuseppe Calabria a Paola – dove veniva preparato e confezionato lo stupefacente. E sempre Calabria era la principale autorità nel conferimento degli incarichi per lo smercio dello stupefacente. L’attività di spaccio era contenuta nel libro mastro di merce e di proventi in entrata e uscita detenuto dallo stesso Pietro Calabria. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Cosenza