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Cosenza, i nuovi signori del racket tengono sotto scacco l’area urbana

Quattro incendi in poco più di tre mesi fanno salire il livello d’allarme nel comprensorio bruzio

Il fuoco parla un linguaggio chiaro, diretto e talvolta anche incisivo. Il crepitio delle fiamme grida ai diretti interessati, agli imprenditori recalcitranti al pizzo, quel che le telefonate mute, le visite sgradite con messaggi più o meno subliminali e le bottiglie incendiarie lasciate davanti alle saracinesche, riescono solo a lasciar intendere, a lasciar presagire. Chi aveva tirato un sospiro di sollievo dopo l’ultima inchiesta che ha portato in carcere pezzi da novanta e mezze calzette delle ’ndrine bruzie, adesso si dovrà ricredere. Evidentemente là fuori ci sono ancora pezzi di malacarne capaci di soffocare quel che resta del tessuto imprenditoriale che ha resistito alla crisi generale e alla contrazione economica aggravata, in seguito, dai circa tre anni di pandemia registrati nelle pagine della storia recentissima. Le fiamme negli ultimi messi hanno fatto capolino qua e là nell’area urbana bruzia. E la tesi dell’autocombustione non regge alla prova dei fatti. Quattro incendi in tre mesi – benché negli ambienti investigativi per motivi d’indagine si tenda a sminuire o lasciare nell’equivoco le origini dei roghi – offrono una casistica inquietante all’alibi del cortocircuito. Appare difficile applicare la teoria del guasto elettrico o alla perdita del tubo del gas all’incendio scoppiato l’altra notte nei locali del supermercato “Gran Risparmio” del “Gruppo Vegè” in via Panebianco. Il locale ha subìto una tale devastazione che dà un’immagine nitida del livore, della violenza e della baldanza dei signori del racket rimasti fuori dalle passate inchieste antimafia.

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