Cosenza

Lunedì 23 Dicembre 2024

Rende, a guidare il Comune ecco Santi Giuffrè: ex numero 1 dell’antiracket nazionale

Condizionamenti mafiosi e messa in discussione del buon andamento della Pubblica Amministrazione: il consiglio dei ministri ha sciolto il il comune di Rende sulla base di un rapporto di 600 pagine. La relazione stilata dalla commissione di accesso, guidata dal prefetto Antonio Reppucci, è nata dall’esame di montagne di atti e delibere, dall’audizione di una trentina di persone tra imprenditori, ex amministratori e funzionari municipali e dalle verifiche compiute sulla cessione e l’utilizzo di beni di proprietà comunale. Nel documento arrivato sul tavolo del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, la richiesta di commissariamento per 18 mesi dell’Ente, la sospensione dagli incarichi dei dirigenti comunali Francesco Minutolo e Antonio Infantino, la trasmissione degli atti alla Corte dei Conti per la valutazione degli eventuali danni erariali e la dichiarazione di incandidabilità per l’ex sindaco Marcello Manna e il facente funzioni (per un periodo) Franchino De Rango. Il voluminoso documento è stato inviato al Viminale dalla prefettura di Cosenza, guidata da Vittoria Ciaramella, dopo l’esame di fatti e circostanze operato durante una apposita riunione del Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica, durante la quale sono stati ascoltati i “commissari”. Il municipio rendese sarà retto dal prefetto Santi Giuffrè, un grande poliziotto italiano, che ha lavorato in Calabria e Sicilia ed è stato Commissario italiano antiracket. Con lui due sub commissari: la viceprefetto Rosa Correale e il dirigente prefettizio Michele Albertini di Brindisi. Contro il decreto di scioglimento la Giunta municipale ha annunciato ricorso al Tar. Per il momento, però, amministratori e consiglieri dovranno lasciare i loro posti. La seconda sindacatura di Marcello Manna, l’avvocato prestato alla politica, si chiude dunque nel peggiore dei modi. I guai giudiziari per l’ex primo cittadino, difeso dall’ avvocato Nicola Carratelli, cominciano con la maxinchiesta “Reset” dove viene indagato dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, guidata da Nicola Gratteri, per aver mantenuto presunti rapporti con esponenti delle cosche “confederate” che dominano l’area urbana. Per effetto dell’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla e condotta dai pm Vito Valerio, Corrado Cubellotti, l’esponente politico viene assegnato agli arresti domiciliari poi revocati dal TdL del capoluogo di regione. Contro il provvedimento di annullamento propone ricorso in Cassazione la pubblica accusa e la vicenda viene rivalutata da una diversa sezione del Riesame che, tuttavia, non concede la emissione della misura cautelare. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Calabria

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